Bastano poche parole

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Sulla riunione monotematica del CGIE riguardante gli italiani all’estero e il mondo del lavoro ai tempi del Covid-19

 

Che la situazione dei lavoratori italiani emigrati in Australia sia percepita come un problema lontano dal Consiglio Generale degli italiani all’Estero, è anche facile da comprendere ed è testiomoniato dallo spazio di intervento lasciato al nostro consigliere, Franco Papandrea, ridotto davvero all’osso durante le ultime riunioni monotematiche dell’Assemblea Plenaria in videoconferenza.

Anche nell’ultimo incontro di mercoledì scorso sul tema molto delicato della condizione degli italiani all’estero nel mondo del lavoro al tempo della pandemia, lo spazio riservato a Papandrea è stato piuttosto esiguo, visto che la discussione si è incentrata soprattutto sulla situazione europea, ma nonostante ciò, al nostro consigliere sono bastate poche parole per centrare nel segno:

“Il problema in Australia – ha detto con chiarezza Papandrea – riguarda coloro con visti temporanei, che non hanno accesso a nessuna assistenza del governo federale australiano”. All’inizio della pandemia ne erano presenti in Australia oltre 20mila. “La maggior parte di questi si sono trovati in una situazione molto difficile dal punto di vista del lavoro”, ha sottolineato ancora Papandrea, che ha usato senza mezzi termini parole come “sfruttamento”, “precarietà”, “inadeguatezza nelle retribuzioni”. Quella vissuta dai lavoratori temporanei, ha avvertito il consigliere, “è una situazione molto dura e molto grave, e che va affrontata sia da parte dei Com.It.Es, sia da parte delle Istituzioni consolari in Australia”. Queste ultime in particolare, non ha avuto problemi a far notare Papandrea, “nonostante questi italiani temporanei non avessero nessuna assistenza, hanno dimostrato poca attenzione, almeno fino a qualche settimana fa, quando è stato attivato a Melbourne un progetto di assistenza in collaborazione tra Co.As.It e Consolato Generale”. La prima e unica risposta della rete diplomatica a sette mesi dallo scoppio della pandemia. Poche battute ma precise, con le quali Papandrea è riuscito a portare la voce dei molti lavoratori temporanei italiani in Australia in difficoltà all’interno dell’Assemblea del CGIE.

L’augurio adesso è che le sue parole vengano colte e che vengano ascoltate dalle istituzioni, così come si spera vengano anche ascoltate le parole di chi, come lui, ha posto la questione dei tanti lavoratori italiani nel mondo che si trovano in situazioni di sfruttamento e disagio.

E particolarmente significativa in questo senso è stata la proposta del consigliere Norberto Lombardi, che ha esortato il Cgie a farsi carico “di una richiesta verso il governo per portare avanti un’analisi selettiva, Paese per Paese, sulle conseguenze che la pandemia ha creato in particolare tra le categorie più fragili e più deboli delle nostre comunità all’estero. In modo che si possano trovare e applicare strumenti adeguati in ogni territorio, anche con un dialogo tra governo italiano e governi locali”. Certamente qualcosa di concreto e tangibile, di cui si avrebbe estrema necessità per tracciare una strategia di intervento e non improvvisare, come spesso invece sembra venga fatto.

Allo stesso modo efficace per fissare i punti cardinali di questa strategia si è rivelato anche l’intervento della consigliera Eleonora Medda, del Cgie di Bruxelles, che ha spiegato come la “situazione del Covid abbia portato a galla tutta una serie di criticità che erano già presenti prima”. Se si continua infatti a “misurare la qualità del benessere esclusivamente con criteri economici”, ha sottolineato Medda, ci si ritroverà sempre a sbattere contro lo stesso muro. Al di fuori della bolla di quelle che sono le discussioni nei palazzi dell’Ue, il benessere è infatti dato esclusivamente “dalla qualità dei diritti sociali”. Su questo non si scappa. Ma anche nella stessa Europa, come ovunque nel mondo, da questo punto di vista “siamo messi male, molto male”, ha detto con franchezza Medda. “Abbiamo livelli crescenti di povertà dei lavoratori, aumentano le disuguaglianze sociali e il lavoro precario. Abbiamo condizioni di lavoro che peggiorano, una stagnazione ormai da anni dei salari, assenza di politiche che concilino la vita lavorativa e familiare, mancanza di pari diritti e stipendi tra donne e uomini”. Il problema, continua la consigliera, è soprattutto che, in un panorama di questo tipo, si è oltrettutto “andati verso un restringimento dei sistemi di welfare e di accesso ai sistemi di walfare per tutti i lavoratori migranti” e questo colpisce in modo molto duro il benessere sociale delle nuove generazioni, aumentando una divaricazione delle condizioni dei diversi tipi di lavoratori.

Se interpretiamo correttamente il ragionamento della consigliera Medda, il messaggio è quindi che da una parte ci sono quelli tutelati dei quali si cerca giustamente di proteggere i diritti. Dall’altra ci sono coloro che di diritti e protezioni sociali non ne hanno proprio e sono sempre più abbandonati a se stessi. E’ qui, dunque, che le forze sindacali e le istituzioni devono agire il più presto possibile. E’ qui che si gioca il benessere della nostra società. Difficile non essere d’accordo.

 

(Photo by Joey Csunyo on Unsplash)
Articolo scritto da

Luca M. Esposito

Luca M. Esposito

Che ci fa uno storico medievale, con un impiego nelle produzioni cinematografiche e appassionato di politica in Australia, è una domanda che continua a rimbombare nella testa di Luca fin dal suo approdo a Melbourne, nel 2012. La continua ricerca di una risposta porta Luca nei mercati, nelle università, nei giardini, nei consolati, nelle farm di galline sparsi per la città, fino ad approdare, come redattore, nella redazione del bisettimanale italiano d’Australia Il Globo, ad occuparsi principalmente di politica italiana. Nel frattempo dedica tutto il suo tempo libero a Nomit, che con molti altri ragazzi, ha contribuito a fondare e costruire sin dal maggio 2013. Un’esperienza che, è convinto, lo aiuterà a placare la sua sete di risposte.