Si è spento il 22 novembre a Shepparton il partigiano Nicola Nicolaci
Si è spento qualche giorno fa a Shepparton Nicola Nicolaci, anche conosciuto come “Lampo”, il nome di battaglia che, giovanissimo partigiano nelle Langhe, gli era stato dato dal comandante “Primo”, Giovanni Rocca.
Lampo era un uomo che amava la terra e che ha fatto il contadino tutta la vita, prima in Calabria, a Laureana di Borrello, dove era nato il 16 novembre 1922 e poi dal 1964 in Australia, dove si era trasferito perché a quei tempi nel Meridione sopravvivere con il lavoro dei campi era difficile.
Lampo viveva qui da 58 dei suoi 101 anni, ma, diceva, “io resterò solo e per sempre italiano. La mia patria è l’Italia e io ho combattuto per la sua libertà”. Nel dirlo però non usava l’italiano, ma uno strettissimo dialetto calabrese, perché lui, contadino, non aveva potuto studiare e l’italiano non lo sapeva bene. E poi a vent’anni era stato costretto a partire militare e l’avevano spedito in Piemonte, dove a sentire i suoi racconti parlavano “straniero”. Un po’ come in Australia, dove con l’inglese non si era mai sentito a suo agio.
Quando Lampo ti raccontava la sua vita e le scelte che l’avevano fatta così come era stata, a te che l’ascoltavi ti facevano sembrare così inutili tutte le sovrastrutture che abbiamo nel pensiero di oggi. Invece lui, abituato a tenere le mani e i piedi ben piantati per terra, vedeva le cose in modo molto chiaro. Era di sinistra, perché era nato povero e contadino e anche se non aveva studiato sapeva qual era la sua parte, cosa che oggi sembra che molti abbiano dimenticato. Era stato partigiano, anche per necessità, perché dopo l’8 settembre i nazifascisti portavano via gli italiani e a lui questo non piaceva.
Non voleva essere portato via e allora era andato in montagna. Lì aveva capito quanto importante era la nuova lotta di tutti quei ragazzi male armati e anche disorganizzati. Ed era rimasto. Per venti mesi aveva combattuto e tutto quello che sapeva dirti, quando ci ripensava, era che la “guerra era brutta” e anche “la fame era brutta”. Concetti che quando li senti ti sembrano così banali, lui invece a riguardo non ce l’aveva altro da dirti e allora tu capivi e ti ricordavi che il male è banale e rivestirlo di pensieri e parole complesse non lo rende meno banale. Questo Lampo lo sapeva, mentre sembra che in tanti oggi un concetto così banale, come quello che la guerra è brutta, se lo siano dimenticato.
E invece Nicola non se l’era dimenticato, come non si era dimenticato che, quando alla fine venne il 25 aprile, “i fascisti cambiarono velocemente bandiera” e gli Alleati a “noi ci tolsero tutte le armi e ci fecero smobilitare”.
Allora ti veniva da ringraziarlo quell’ometto di cento anni con i baffi e un sorriso grande grande, che parlava un dialetto strettissimo, difficilissimo da capire e che forse oggi metterebbe in difficoltà anche i calabresi doc.
In futuro vorrei essere capace di insegnare a mio figlio che gli eroi sono fatti proprio così. Non hanno costumi colorati e muscoli scolpiti, non sono tutti giovani e belli. Ma hanno volti come quello di Lampo. Orgoglioso, ma segnato dalla fatica, dalla sofferenza, dalla paura e spesso dalla solitudine. Perché gli eroi, quelli veri, non sono quasi mai acclamati come tali. Ma sono uomini comuni. Come tutti noi. Che quando è venuto il loro momento hanno saputo da che parte stare. E quel momento viene per tutti, prima o poi, nella vita. Lampo nel suo ha saputo cosa fare e ha avuto il coraggio di farlo. Anche per tutti noi.
Ciao Nicola. Non ti dimenticheremo.