Dietro le quinte della Farnesina

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Nella sua carriera è stato anche console a Perth. Calogero Di Gesù, ex diplomatico italiano in pensione è l’autore del libro ‘Dietro le quinte della Farnesina’ edito da Aracne, che svela, come messo nero su bianco nel sottotitolo, “cinquant’anni di illegalità, sperperi e intrallazzi” perpetuati all’interno del ministero degli Affari esteri.

Uno spaccato di prima mano del mondo della diplomazia italiana, del suo funzionamento, dei suoi privilegi, delle sue regole interne incomprensibili. Come quella sui concorsi, dove ha più opportunità di vincere chi appartiene a una famiglia dell’aristocrazia diplomatica grazie al cosiddetto “coeffi ciente di casta”. Ciò che ne consegue è l’immagine di un corpo diplomatico che vede se stesso come un’élite, che non solo pretende di mantenere prebende e vantaggi ormai acquisiti come un privilegio irrevocabile, ma resiste anche a qualsiasi tipo di possibile riforma da parte dell’esterno. In questo quadro, si inseriscono così i malfunzionamenti e le storture che i cittadini italiani all’estero sperimentano sulla propria pelle, figlie di una meritocrazia che fa fatica ad affermarsi e di una trasparenza che sembra un obiettivo impossibile da raggiungere. Una situazione di lento degrado che si è radicato negli anni e ha portato a scandali e inefficienze.  Dalle illegalità e i brogli connessi al voto all’estero, alle nomine clientelari e al commercio di incarichi di ‘esperti’; dai casi di corruzione dei visti e il traffico delle cittadinanze, all’assistenza e i servizi essenziali spesso negati ai cittadini italiani all’estero. Fino ai danni provocati dalle nomine per ‘chiara fama’ di famigli e soliti noti nei più prestigiosi Istituti Italiani di Cultura, situazione che nonostante le proteste e le inchieste giornalistiche non ha subito mutamenti.

E nel suo libro Di Gesù non tace su nulla, affrontando anche temi molto scottanti e delicati, come il pagamento dei riscatti a seguito di rapimenti di cooperanti, tecnici e giornalisti all’estero o gli affari di faccendieri, dirigenti e diplomatici sotto le insegne delle imprese nazionali, che scaturiscono in palesi casi di conflitti di interessi.

Infine, la politica, ovviamente, con carriere appositamente favorite da personaggi influenti, di cui l’autore non teme di fare i nomi, come quella del ministro Carlo Calenda, già nipote d’ambasciatore, o di diplomatici favoriti perché in quota a Renzi o Alfano. In questo contesto, la riduzione della metà degli stanziamenti del bilancio statale per la politica estera è avvenuta con tagli sommari, che non hanno chiuso i rubinetti dello spreco bensì uffici e funzioni necessari all’erogazione di servizi spesso essenziali ai connazionali all’estero.

Ancora più preoccupante poi, scrive Calogero Di Gesù, questo progressivo declino della diplomazia italiana, arroccata nel proprio palazzo e sempre meno preparata e selezionata, ha condotto a una “mancanza di iniziativa politica dell’Italia” con il risultato “che siano state adottate, sotto l’impulso dei soliti Paesi protagonisti della diplomazia multilaterale, decisioni che si sono ripercosse negativamente sulla sovranità del Paese, sui suoi interessi primari di natura politica ed economico–commerciale e sulle sue prospettive di sviluppo: “troppo spesso, infatti, – sottolinea l’autore – abbiamo concesso una tacita delega ad altri a decidere anche per noi, rinunciando a usare quel seppur limitato peso politico che l’Italia aveva sulla scena internazionale”.

La denuncia di Di Gesù è dettagliata, con nomi e cognomi, esempi, aneddoti, storie vissute in prima persona. Una denuncia che non si arresta però solamente alla critica ma tenta di proporre quelle che, dopo una lunga carriera, l’ex diplomatico vede come possibili soluzioni. L’obiettivo è riportare la trasparenza e permettere un avanzamento su basi meritocratiche. “Bisogna spezzare l’oligarchia delle élite diplomatiche”, sostiene con forza l’autore. Come lui, all’interno della Farnesina sono comunque molti coloro che si adoperano per combattere come possono le inefficienze e gli sprechi, che hanno un’alta considerazione della propria missione e del proprio ruolo, ma si scontrano ogni giorno con un sistema diffi cile da scardinare. Una riforma è possibile, sembra esortare l’autore, e gli italiani devono chiederla con forza, soprattutto quelli che vivono all’estero.

Luca M. Esposito

(IL GLOBO, Eureka, 5 ottobre 2017)