Pubblicato il rapporto Migrantes 2019
L’Australia è tra i primi 10 Paesi meta dell’emigrazione italiana dell’ultimo anno, questo almeno stando ai dati dell’Aire, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, riportati nella XIV edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes, presentato a Roma lo scorso 24 ottobre.
Secondo i dati, gli iscritti all’elenco per espatrio che hanno spostato la propria residenza in Australia nel 2018 sono stati 2.758. Se si considera che il tasso di iscrizione all’Aire da queste parti è molto basso soprattutto tra i più giovani, i numeri restano dunque consistenti. In totale, si legge nel rapporto, al 1 gennaio 2019 sono 5,3 milioni i cittadini italiani residenti ufficialmente all’estero, per una mobilità che solo dal 2006 al 2019 è aumentata di oltre il 70%, passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Aire a quasi 5,3 milioni. Nell’ultimo anno in particolare è confermato il trend del 2017 con 128.583 che hanno preso la via dell’estero. In prevalenza sono giovani (18-34 anni, 40,6%) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3%). Ma a crescere in un trend in continuo aumento sono anche le iscrizioni all’Aire per nascita, il 35,9% del totale nel 2018, mentre solo il 3,4% si è registrato all’Aire per acquisizione della cittadinanza. Per quanto riguarda le nazioni meta dell’emigrazione italiana, la prima è il Regno Unito, con oltre 20mila iscrizioni (+11,1% rispetto all’anno precedente). Al secondo posto, con 18.385 connazionali, vi è la Germania (-8,1%). A seguire la Francia (14.016), il Brasile (11.663), la Svizzera (10.265) e la Spagna (7.529). Quanto alla provenienza, le partenze nel 2018 hanno riguardato 107 province italiane; a livello regionale, la “classifica” vede confermato il primato della Lombardia con 22.803 partenze, seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702).
Sempre più, come ha sottolineato Delfina Licata, responsabile editoriale del Rapporto per la fondazione Migrantes, “la migrazione non è una scelta ma una necessità”. In generale, è la valutazione della ricercatrice: “Crediamo che la mobilità sia qualcosa di positivo, ma c’è un diritto di restare. Bisogna avere una possibilità di scelta – ha concluso -. Perché ci siano radici che non si spezzano”. Il rischio concreto è questo infatti, perché “chi parte oggi dall’Italia lo fa prevalentemente da solo o con il nucleo familiare, ma comunque slegato da quelle dinamiche migratorie di protezione che hanno storicamente accompagnato molti italiani alle mete di destinazione”. È su questo elemento che dovrebbero riflettere non solo le Istituzioni italiane, ma anche le comunità italiane tradizionali, perché è arrivato il momento di fare delle scelte più responsabili.
E siamo già in ritardo.
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