Ogni anno tantissimi giovani, dopo aver vissuto senza particolare fortuna un’esperienza all’estero, si trovano costretti a tornare in Italia, a quelle città che li hanno visti(e lasciati) partire per mancanza di opportunità.
Roma, Torino, Milano, Verona, sono solo alcune delle grandi e medie città di cui, noi di Nomit, abbiamo registrato l’esodo giovanile. La stampa nazionale sembra impermeabile a questa verità e, negli anni, si sta sviluppando un senso comune a prova di quella che a noi sembra una vera e propria emergenza.
Cosa può aspettarsi un giovane che, per esempio, seguendo il falso mito dell’Eldorado australiano – ancora oggi venduto da qualche testata nostrana – dopo due anni di working holliday visa spesi tra sfruttamento in fattoria e qualche lavoretto sottopagato nella ristorazione, si vede costretto a ritornare a quelle stesse città, oltretutto un po’ meno giovane?
Noi non facciamo che chiedercelo, e lo abbiamo chiesto anche al Sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo, in una lettera aperta di qualche settimana fa.
Una prima risposta però, ci è arrivata da dove meno ce lo aspettavamo.
In Sicilia, esattamente in provincia di Siracusa, c’è un piccolo comune adagiato sui Monti Iblei.
Si chiama Palazzolo Acreide, e molti si sorprenderanno scoprendo che è sede del Teatro Akrai e che il suo centro storico, è inserito nella lista dell’UNESCO dei Patrimoni dell’Umanità.
Sorprendente, almeno per noi è stato anche il fatto che Salvatore Gallo, il Sindaco di questo comune, intercettando la nostra lettera aperta, abbia voluto commentarla con un deciso slancio propositivo.
“Il rientro in Italia soprattutto di tanti giovani e famiglie che per un periodo della loro vita sono stati all’estero – ha dichiarato il sindaco ad IbleiNews – deve essere agevolato da parte delle Amministrazioni che hanno il dovere di porre le basi al fine di facilitarne l’inserimento sociale”. “Ecco perché il Comune di Palazzolo Acreide intende realizzare, in collaborazione con l’Associazione Nomit e con i propri cittadini, un progetto pilota finalizzato all’abbattimento delle barriere sociali ed economiche al fine di permettere agli immigrati(/emigrati, verrebbe da aggiungere) un graduale inserimento nel tessuto sociale”, chiosa il giornalista della testata siciliana.
Da qui la palla torna a noi.
Si può ripartire dai piccoli comuni italiani, e sperare di riuscire dove socialmente hanno fallito le grandi città?
Alcune esperienze come quella universalmente conosciuta ed apprezzata di Riace, ci dicono di si, ma potranno i cittadini “globali” di oggi, diventare i cittadini “provinciali” di domani?
Questa domanda, genuinamente la rivolgiamo anche a voi, e a chiunque voglia contribuire alla formazione della risposta, lo invitiamo a scriverci a: info@nomit.com.au.