Artisti e residenti raccontano il sobborgo settentrionale di Melbourne nell’ambito di True North Arts
Scegliere il quartiere dove si vuole vivere non è sempre una scelta facile, e non solo per chi è appena arrivato in città e non sa ancora muoversi tra un sobborgo e l’altro. C’è sempre qualche aspetto negativo da tenere in considerazione (troppo caro, troppo lontano dalla città o troppo vicino). Se poi si cerca di sondare il terreno tra amici e conoscenti, possiamo stare sicuri di ottenere giudizi discordanti tra loro. Talvolta, mossi da pregiudizi e convinzioni talmente radicati nella mente delle persone da passare come dati di fatto.
In realtà, un quartiere o sobborgo non lo si conosce a fondo se non dopo averci vissuto nel lungo termine, andando alla scoperta, per necessità e curiosità, dei servizi che offre, degli angoli e delle stradine nascoste, percorrendolo a piedi in lungo in largo. Col passare del tempo, luoghi anonimi diventano quasi posti del cuore, legati a un ricordo, a un gesto quotidiano al quale ci si affeziona e che dà certezze. Un certo profumo, una persona con la quale si incrocia lo sguardo ogni mattina o a cui si rivolge un saluto, un particolare percorso, una pianta sono tasselli di un mosaico che ci porta a sentire un luogo come nostro, apprezzandolo con i suoi pregi e i suoi difetti.
Nel mio caso, Reservoir non l’ho scelta, ma ci sono capitata. In quasi quattro anni di permanenza, il sobborgo a nord di Melbourne è stato la mia casa (anche se ancora non so quale sia la pronuncia esatta, ReservORE o ReserVUAR?). E di certo non è perfetto. Stando al sondaggio realizzato da RACV nel 2014, ospita il terzo peggiore incrocio di tutto il Victoria, tra Cheddar Road, High Street e Spring Street, dove le tre arterie stradali incrociano la ferrovia; la percentuale di criminalità non è certo tra le più basse (il tasso è nella media statale); pub e Rsl non mancano di coloriti personaggi che sembrano ormai parte dell’arredamento dei locali. Di certo Reservoir non si può nemmeno definire “al centro dell’azione” in termini di vita sociale, culturale o shopping come la vicina e vibrante Northcote (anche se vedendo ai prezzi di immobili e affitti si direbbe diversamente!).
Ha sottolineato la “sonnolenza” di Reservoir anche Oslo Davis, artista coinvolto in una residenza artistica nell’ambito di True North Arts, un festival che da qualche anno promuove la creatività e la comunità di Reservoir, il quale ha descritto il sobborgo come “post-bellico e pre-imborghesimento”.
Le illustrazioni scaturite dall’osservazione del sobborgo (raccolte nell’opuscolo ‘Reservoiria – A Visual Journey Into The True North’, distribuito in alcuni caffè e in biblioteca) mostrano un quartiere variegato, ancora un po’ periferico quasi non toccato dallo sviluppo di altre zone, con una comunità multietnica ma prevalentemente anziana. Il punto di vista di Davis è però quello dell’osservatore esterno che si è trovato a confrontarsi con una realtà di passaggio. Un altro progetto di True North Arts è quello dei People’s Tours, delle registrazioni (disponibili online) che raccontano la Reservoir di chi la vive quotidianamente e con i luoghi ha intessuto un rapporto particolare, più personale.
I quattro file audio portano alla scoperta di piccoli caffè e pasticcerie, di piscine e parchi e, persino di una back yard, e rappresentano la demografia variegata del quartiere e, non a caso, la marcata impronta italiana: oltre alla speaker radiofonica Emma Peel con la sua passione per il vintage, la comica Nelly Thomas, infatti, si può passeggiare lungo Edwardes Street a ritmo di danza con la ballerina Rosa Voto e nei segreti del giardino sul retro di Emanuela e Luigi.
Il “tour” di Rosa, fondatrice della Melbourne School of Tarantella, è visionario e si trasforma in una coreografia ad ogni sosta, dalla tarantella ballata sul piazzale davanti ad un piccolo caffè, al ballo greco tradizionale da fare sulla rotonda che dà sul laghetto fino al flashmob a suon di hip hop and R&B nello Skate Park a Leamington Street. Rosa a Reservoir trae ispirazione per il suo lavoro, osservando i movimenti della gente locale cerca di trovare un senso alla danza folcloristica popolare che si nutre dell’ambiente e delle persone circostanti.
Con Emanuela e Luigi, invece, ci si addentra in uno spazio personale, l’orto dietro casa, un vanto e una terapia per la maggior parte degli italiani. Un luogo che nutre le tavole e lo spirito, che custodisce il segreto, forse, di una vita felice, sia per l’anima che per il corpo.
Per me Reservoir è fatta di profumi delle pasticcerie, aperte fin dall’alba, di riflessi di luce mutevoli sull’acqua dell’Edwardes Lake, di libri e chiacchiere in italiano lungo le vie, che ad ogni passo mi riportano un po’ in Italia e mi rendono quest’Australia un po’ meno sconosciuta.
Per saperne di più del progetto, visitate il sito internet truenortharts.com.au/the-peoples-tours-of-reservoir/
SARA BAVATO
(IL GLOBO 11 febbraio 2016)