Le elezioni italiane del 4 marzo sono un terremoto politico per un paese che è rimasto bloccato nella recessione economica e nelle crisi migratorie negli ultimi due decenni.
La sconfitta del centro
Gli italiani hanno premiato i partiti di opposizione e mandato a casa la coalizione di governo del centro-sinistra guidata da Paolo Gentiloni e Matteo Renzi. Mentre questo risultato era ampiamente previsto, l’entità della sconfitta per il Partito Democratico e il successo della destra di Salvini sono stati maggiori del previsto.
Le forze del governo in carica sono scese al 23% dei voti (in calo rispetto al 31% delle precedenti elezioni nel 2013), mentre la coalizione di centro-destra ha conquistato il primo posto al 37% (più sei punti) grazie all’impennata della Lega. Il solitario Movimento 5 Stelle (M5S) è salito di 7 punti al 32%, diventando così di gran lunga il partito più votato in Italia.
In ogni caso, nessuno dei due blocchi vincitori ha abbastanza seggi parlamentari per formare il governo da solo. Ciò significa che solo il rimescolamento delle alleanze tra partiti e fazioni che si sono battute duramente l’una contro l’altra potrebbe evitare nuove elezioni nei prossimi mesi. Nonostante la sconfitta storica, il ruolo del PD sarà comunque decisivo, poiché sembra che Matteo Renzi sarà presto fatto fuori dalla guida del partito, dando così inizio a lotte intestine per i nuovi dirigenti, divisi tra proposizioni per sostenere un governo di centro-destra o del M5S.
Iniziano le trattative di governo
A giudicare dalle prime mosse e dichiarazioni dopo il voto, è altamente improbabile che parti del centro-destra e del M5S formino un governo insieme, poiché ciò metterebbe in pericolo la stabilità politica dei rispettivi governi regionali e, in ultima analisi, distruggerebbe la loro piattaforma populista e anti-sistema.
Inutile dire che c’è molta incertezza sulla composizione e la tempistica del prossimo governo italiano. Ciò potrebbe avere un impatto negativo sulle prospettive economiche dell’Italia e persino mettere a repentaglio la stabilità dei mercati finanziari europei, riducendo i tanto necessari sforzi di riforma delle politiche dell’UE.
Allo stesso tempo, scrollarsi di dosso questo stallo può comportare una significativa opportunità di cambiamento strutturale nella politica italiana, ma solo se i due semi-vincitori di queste elezioni, la Lega e il M5S riuscissero a trovare un accordo tattico per cambiare il sistema di voto in modo da creare un efficace sistema bipartitico. Solo in tal caso, ulteriori elezioni potrebbero fornire un chiaro vincitore con un sostanziale sostegno pubblico per riformare profondamente la politica economica italiana.
Gli anni sprecati del berlusconismo e anti-berlusconismo
Gli anni del dopo guerra fredda sono stati disastrosi per l’economia e il sistema politico italiano. La combinazione di debolezza interna causata dalla politica personalizzata di Berlusconi, l’accesso mal gestito all’euro nel 1999-2002, i problemi bancari scatenati dalla crisi finanziaria globale del 2008 e in seguito le crisi umanitarie causate dal crollo dei regimi libico e siriano ha quasi travolto la società ed economia italiana e ha strangolato i suoi timidi tentativi di modernizzazione per aumentare competitività e produttività industriali.
Questi due fattori costituiscono i problemi principali dell’economia politica italiana, come spiega ampiamente la relazione 2017 sull’Italia del Fondo Monetario Internazionale. In altre parole, quando una crisi internazionale colpisce i mercati, l’Italia è colpita più duramente, e quando si verifica un recupero, l’Italia recupera meno. Quasi tre decenni di tutto ciò hanno reso l’economia italiana più debole ed iniqua.
La nuova destra dopo Berlusconi
È fondamentale capire che, oltre alle brillanti prestazioni del M5S e al crollo del PD, il più grande turbamento di queste elezioni è certamente il cambio di guida all’interno della coalizione di destra. Dal 1994, la destra dell’Italia è stata essenzialmente posseduta dal partito personale dell’ottuagenario Silvio Berlusconi, che è passato dal 22% del 2013 al 14% di oggi.
Il nuovo leader della destra è il 44enne segretario della Lega, Matteo Salvini, che ha raggiunto un significativo aumento di voti fino al 17%, dal 4% del 2013. Il successo di Salvini sta nella sua strategia radicale di trasformare la Lega da un partito marginale che richiedeva la piena autonomia delle regioni settentrionali italiane in una forza nazional-populista in grado di catturare le paure anti-immigrazione e il malcontento economico anti-EU delle classi medie ben oltre le classi benestanti e conservatrici del nord Italia.
Salvini, che non fa mistero di trarre ispirazione da personaggi come Marine Le Pen, Vladimir Putin e il primo ministro ungherese Viktor Orban, si è dimostrato un utilizzatore astuto e spietato dei social media, mettendo in ombra il vecchio maestro della pubblicità, Silvio Berlusconi. Ci sono persino rapporti secondo cui delle reti di spionaggio russe hanno propugnato tematiche di estrema destra nel dibattito elettoraro in Italia, proprio come avvenne nelle elezioni presidenziali americane del 2016.
Lo strano percorso del M5S
Il M5S ha continuato la sua marcia inarrestabile per il controllo della politica italiana, evolvendosi da un semplice movimento di protesta anti-corruzione guidato dal comico Beppe Grillo in una piattaforma politica più strutturata.
Questa evoluzione è guidata da volti nuovi come il 31enne candidato primo ministro, Luigi Di Maio, il quale è riuscito a catturare sia la protesta sociale (contro la mafia e il nepotismo) sia l’ansia economica dei giovani e delle classi lavoratrici precarie soprattutto nel sud, ma anche in tutto il paese.
Come e quando che sia, il prossimo governo italiano farà perno o sul nazional-populismo della Lega populista o sulle pulsioni anti-sistema del Movimento 5 Stelle. Inoltre, considerando la loro giovane dirigenza e la distinta caratterizzazione sociale dei loro votanti, questi due partiti emergenti sono ben posizionati a sbaragliare qualsiasi competizione su tutto lo spettro politico per molti anni a venire.
Il fine della Lega è quello di diventare l’unico egemone della destra italiana e portarla più lontano dalla tradizione liberal-democratica globalizzante verso una direzione nazionalista e neo-illiberale, per così dire.
Allo stesso modo, il M5S catturerà la maggior parte del rimanente spazio politico sia sul fronte liberale e moderato che su quello socialdemocratico con piattaforme politiche a maglie larghe genericamente basate su approcci di decrescita economica, democrazia diretta, protezione dell’ambiente e umanesimo libertario.
Le Filippine d’Europa?
In politica economica, la Lega è distintamente neoliberale con proposte che favoriscono la libera impresa, la bassa tassazione e un minor intervento governativo sul mercato. In filosofia politica, la Lega gestisce spudoratamente una piattaforma illiberale e xenofoba contro i migranti, l’integrazione europea e la cooperazione internazionale, tanto piu’ che essa pone una forte enfasi sul potere esecutivo, anche se a costo di storiche garanzie dello stato di diritto.
Geopoliticamente, la Lega è vagamente isolazionista e incline a placare la Russia per calcoli commerciali. Gli attuali impegni italiani nell’ambito della NATO e dell’UE non dovrebbero essere in pericolo immediato con Salvini, tuttavia potrebbe esserci un sottile cambio di rotta per allontanare l’Italia dall’ordine globale liberale, possibilmente con esiti destabilizzanti. A lungo termine sotto Salvini, in termini di affari internazionali l’Italia potrebbe diventare un’Ungheria più grande (e problematica) o addirittura le Filippine d’Europa.
Una virata neo-keynesiana?
D’altra parte, a giudicare dalle nomine di governo pre-elettorale, le prospettive economiche del M5S sono situate grosso modo sulla sinistra liberale, in quanto il ministro in pectore dell’economia, il prof. Andrea Roventini è un sostenitore di approcci neo-keynesiani e schumpeteriani costruiti sui cosiddetti modelli di politica economica Agent-Based, nella piega intellettuale di economisti global-progressisti come Stiglitz e Krugman.
In filosofia politica, il M5S è piuttosto ambivalente, con una distinta sfumatura di posture libertarie con metodi solidaristi. Geopoliticamente, il 5SM appare vicino alla generale diffidenza della Lega verso l’ordine liberale internazionale, oltremodo mostrandosi aperto a una distensione commerciale con la Russia di Putin. A lungo termine con Di Maio, la politica estera italiana potrebbe competere e scontrarsi con Francia e Turchia per un ruolo piu’ attivo nel Mediterraneo.
Tracciando il nuovo corso
In entrambi i casi, sia la Lega che il M5S promettono un ruolo più indipendente per l’Italia negli affari regionali e globali, in una direzione che in bene o in male potrebbe esporre il paese a pressioni geopolitiche e di sicurezza globale senza precedenti.
Non si può dire molto altro in questa fase incerta, almeno fino a quando non conosceremo l’identità del nuovo governo, un processo che può richiedere settimane se non mesi. Solo allora, saremo in grado di valutare pienamente i rischi geo-economici e le opportunità di riforma legate a questo storico cambio della guardia nella politica italiana.
Giovanni Di Lieto
Questo articolo e’ la traduzione dall’originale in inglese pubblicato su Brink News, il magazine di intelligenze economica de The Atlantic.