Lo scorso 13 aprile è trascorso un anno esatto da quella meravigliosa esperienza che ci ha permesso di aiutare centinaia di persone in difficoltà economiche a causa della pandemia. Quel giorno, sulle onde radio di Rete Italia e promossa dalla nostra associazione e dalla Father Atanasio Gonelli Charitable Foundation, la comunità italiana ha compiuto un incredibile slancio di solidarietà, che ha reso possibile la raccolta di oltre 100mila dollari per sostenere tutti i lavoratori italiani abbandonati dal governo australiano nel bel mezzo di una pandemia che stava stravolgendo il mondo.
Grazie a quelle risorse, lavorando senza sosta durante i lunghi lockdown, i volontari di Nomit hanno potuto portare assistenza e supporto a moltissimi ragazzi che si sono trovati nelle situazioni più complesse, lontani dalle proprie famiglie e senza un impiego con cui potersi sostentare. Ringraziando ancora una volta tutti coloro che con grande generosità hanno partecipato a quella raccolta fondi, riportando in alto il valore della solidarietà all’interno della nostra comunità, abbiamo deciso di raccontare alcune di quelle storie (con nomi di fantasia), convinti che chi ha vissuto la complessa esperienza dell’emigrazione, si sentirà orgoglioso dello sforzo compiuto da Nomit e dalla nostra comunità in un momento così difficile come quello che stiamo attraversando tutti.
Walter era in Australia già da qualche anno. Aveva due bambine e meno di 35 anni quando ha aperto la sua ditta di traslochi con la quale, faticosamente, stava cercando di recuperare un po’ dei soldi spesi negli anni precedenti, per pagare quegli student visas necessari a proseguire la sua vita Down Under. Non era il massimo dover lavorare in nero per aggirare il limite bisettimanale delle quaranta ore lavorative che il visto gli imponeva, ma lui e Carla dovevano resistere solo fino al post-graduate visa, per poter poi trovare un impiego full-time (18 mesi, poi si sarebbe valutato) e dare così alle loro figlie la speranza di un futuro in Australia. Un futuro prossimo, prossimissimo, praticamente poco più che un presente. Ce l’avevano quasi fatta Walter e Carla, ma poi era arrivato il Covid e con esso l’inverno, che li aveva colti durante la seconda maternità di Carla, naturalmente non retribuita, in quanto Carla era ancora titolare di un contratto precario. Grazie alla solidarietà della comunità, Walter e Carla, lo scorso inverno, hanno potuto permettersi di pagare di nuovo il riscaldamento, che non si erano più potuti permettere dopo aver perso entrambi il lavoro a causa delle restrizioni, e così accogliere con più serenità l’arrivo della loro bimba.
Tomaso invece era in una situazione ancora peggiore, perché una casa non ce l’aveva proprio più. Tanto che era stato costretto ad andare a vivere in un parco del suo quartiere. Per fortuna, dopo un po’, una signora gli aveva offerto di ospitarlo gratis, per non farlo restare a dormire fuori al freddo. Era stata lei a parlargli degli aiuti che la comunità italiana poteva offrirgli e quando Tomaso è finalmente riuscito a contattarci per ricevere qualche supporto, si era subito premurato di chiedere “ma è sicuro che non c’è nessuno messo peggio di me da aiutare prima?”.
Ed effettivamente, per quanto strano, qualcuno messo peggio di lui c’era, eccome. Giusto un paio di giorni prima, aveva contattato Nomit Alessandro, un pizzaiolo che aveva perso il lavoro a causa della chiusura del ristorante dove lavorava al nero. Anche lui, per via delle restrizioni dello student visa aveva passato la sua vita australiana nella cosiddetta “pool of exploit-ables” e perciò era facilmente sacrificabile, volutamente invisibile dal e al governo australiano. Aveva dovuto lasciare la casa Alessandro, non potendo più pagare l’affitto. Si era trasferito sul divano di amici e aveva detto che se la sarebbe cavata, ma quando i volontari di Nomit lo avevano ricontattato un paio di settimane dopo, avevano scoperto che era finito in ospedale, a sottoporsi come cavia umana a dei test farmaceutici. In questo modo si sarebbe garantito vitto, alloggio, e un rimborso “non male, di ‘sti tempi”. Se ne sarebbe stato lì “fino alla fine della crisi”. Alessandro, anche lui su quel lato oscuro della luna, che la solidarietà della nostra comunità ha contribuito a illuminare un po’.
(Photo by Kym MacKinnon on Unsplash)