“Questa è la vera libertà: essere capaci di uscire da se stessi, attraverso i limiti del piccolo mondo individuale per aprirsi all’universo”, così si chiude il libroconversazione ‘Psicomagia’ di Alejandro Jodorowsky, scrittore, poeta, e regista, grande studioso e appassionato cultore dei tarocchi, uno dei più eclettici artisti del ‘900, che conduce il lettore in un vero e proprio viaggio terapeutico in cui, più che guarire, sembra essere davvero molto più importante imparare a essere felici.
Jodorowsky ha spesso fatto riferimento, come base di partenza della sua ispirazione artistica, a quel mondo tanto complesso quanto affascinante che è lo sciamanesimo, nel suo caso, in particolare, quello messicano. Messico e Palermo sono, anche nel caso del cantautore Fabrizio Cammarata, luoghi intimamente connessi, un lungo filo rosso li unisce infatti in questo suo ennesimo viaggio pieno di poesia, di intima e profonda nostalgia e sentimenti messi a nudo.
“In Messico un ‘guaritore’ mi ha detto che la felicità si ricerca scavando nelle proprie ombre, e io non mi sono risparmiato in questo”, ha raccontato Fabrizio nel presentare questo suo ultimo lavoro. Undici tracce in inglese del suo album ‘Of Shadows’ che sono un percorso musicale dove si confermano le grandi capacità compositive del cantautore di Palermo che, tra l’altro, non nega a chi ascolta una sua dimensione intima, di profonda introspezione.
Introspezione che crea contrasti, tra luci e ombre, tra la sua voce, una delle più belle, a mio parere, del panorama attuale italiano e non solo, e arrangiamenti che alternano delicate e romantiche armonie a rabbiosi crescendo, come nella meravigliosa ‘You’ve been on my mind’ (una delle perle del disco). ‘Of Shadows’ è un disco d’amore, di quell’amore che richiede intensità emotiva, che ci chiede di metterci in gioco in un lavoro di profonda ricerca di sé, un amore che ha sfaccettature delicate: la musica, l’arte in genere, ci sbatte in faccia il nostro bisogno di conoscenza, sta a noi saperlo raccogliere, interpretarlo, farlo nostro, prenderci del tempo per assorbire la complessa bellezza dei nostri sentimenti. “Non avevo mai fatto un disco di sole canzoni d’amore, e in ognuno di questi undici capitoli c’è un pezzo di me talmente viscerale che quando abbiamo ultimato il disco mi sono sentito come al termine di un rito sciamanico. Libero. Sono stato lo sciamano di me stesso!”.
Libertà che in questo disco vuole dire intima autenticità e rappresentazione di un universo artistico complesso, dove si respirano atmosfere internazionali che riportano alla mente i più bei lavori dei Fleet Foxes, di Bon Iver e, per qualità vocale e narrativa, l’immenso Jeff Buckley, ma che raccontano anche l’anima profondamente mediterranea di Fabrizio che si coglie, ad esempio, nel brano ‘Naked for you’, che riporta alla mente il mondo del Sahara dei Tinariwen. Grande cura da parte del cantautore palermitano anche nei video che hanno accompagnato il lancio di alcuni dei brani del disco, tra cui mi piace segnalare quello di ‘On the cold’, un brano e un video che ci raccontano con grande sensibilità le profondità di un amore fatto di assenza e di malinconia.
Disco con più livelli di ascolto, senza dubbio, che, se vissuto con la giusta attenzione, può consentire anche a chi ascolta, oltre a chi questo lavoro l’ha prodotto, di entrare in contatto con spazi simbolici di un’immaginazione creativa che, come ha detto Carl Gustav Jung, “è l’unico fenomeno primordiale al quale noi abbiamo accesso”.
Marco Patavino
(IL GLOBO – Eureka, 19 luglio 2018)