La prego Salvini, me lo dica lei, sono un “cervello in fuga” o una “risorsa boldriniana”?

10/12/2014 Roma. Rai. Trasmissione televisiva Porta a Porta. Nella foto Matteo Salvini

Riceviamo e ripubblichiamo una lettera del nostro ormai affezionato lettore Jimmy Grant indirizzata al sig. Matteo Salvini segretario della Lega Nord

 

La grande difficoltà nel risolvere le problematiche legate ai flussi migratori, sta nel fatto che mancano i postulati.

 Non è questione di quale teoria si applichi, ce lo insegnano i matematici che quando non si concorda su nessun assunto da cui partire, l’unico modo per dimostrare la validità della propria tesi è l’”assurdo” e purtroppo, è spesso nell’assurdo che si scade quando si parla di immigrazione.

 Innanzitutto, è “emigrazione” o “immigrazione”? Sono una il dominio e l’altra il codominio della stessa variabile? E quindi gli “expat” cosa sono? Il quoziente della divisione tra un contribuente e il suo sistema previdenziale non abbastanza previdente?

Mi scusi Onorevole se son partito subito con tutte queste domande, ma lei maneggia numeri in proposito, con una confidenza che io non ho neanche con l’impasto della pizza, nonostante io faccia il pizzaiolo in Australia dove ho trovato, pardon, rubato, il lavoro quando ho deciso di trasferirmici.

Dico “rubato” perché quale che sia la definizione di “immigrato”, credo sia universale e così anche la nomenclatura che ne discende va applicata tanto a me quanto agli stranieri che risiedono in Italia.

È quindi da i numeri e il loro universo che vorrei partire perchè, a consultarli, a me sembra che il nostro bilancio in termini di immigrazione non sia così drammatico come dicono quei suoi enunciati i quali, dopo l’ottimo risultato del suo partito alle scorse amministrative, molti sembrano voler inseguire.

 Tra i tanti suoi nuovi emuli c’è la Raggi, il sindaco della nostra capitale che tale è diventata ripetendosi il mantra di “uno vale uno”. Giusto. Se questo è vero però, quanto valgono i 4.811.163 italiani residenti all’estero?

Non certo così tanto e non lo dico solo in senso retorico ma ancora una volta, anche matematico. I quasi 5 milioni di italiani residenti all’estero infatti, per quella che è l’attuale legge elettorale, possono eleggere in tutto solamente 18 parlamentari, tra Camera dei Deputati e Senato. Un po’ pochini rispetto la rappresentanza, per esempio, prevista per Roma, la quale sommata a quella dell’altra circoscrizione laziale, ovvero “Lazio 2”, portano la regione in questione a un peso parlamentare di oltre 50 seggi, nonostante i cittadini rappresentati non raggiungano neanche il numero dei cittadini iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero.

 È importante comunque, non trascurare neanche la retorica perchè, quello di cui l’emigrazione è incipit, è un racconto chiamato “Immigrazione”, come lo definisce la Bonino, fatto di una mitologia che tale è, quindi, assolutamente lontana dalla realtà.
Le prime due figure che mi vegono in mente, facenti parte dello stesso universo fantastico sono il “cervello in fuga” e la “risorsa boldriniana”. Chi sono costoro? Perché io che questo mondo lo abito, non li conosco.

Parto dal cervello in fuga perché in questa cosmologia mi sembra l’eroe positivo, amato da tutti tranne che dal Ministro Poletti ma solo perchè, andandosene, toglie risorse disponibili alle sue partite di calcetto-recruiting che, a giudicare dal risentimento delle sue recenti dichiarazioni in materia, credo finiscano per cominciare sempre in nove.

 Mi sembra di capire che se l’emigrazione fosse una partita a poker, il cervello in fuga sarebbe il vincitore del tavolo ma allora, farne il titolo della più importante tra le rubriche giornalistiche in merito, sarebbe come fare un reality show sulla vita di Dan Bilzerian, per trattare mediaticamente le problematiche sociali legate al gioco d’azzardo. Inoltre, i cervelli in fuga rappresentati sulle colonne giornalistiche, son quasi sempre ricercatori o persone con un’alta formazione accademica che sempre i numeri, sta volta raccolti dall’associazione not-for-profit NOMIT(Italian Network of Melbourne), identificano come poco rappresentativi, attestandoli solo al 3,6% del campione raccolto nella città australiana; un dato ancor più parziale in termini mondiali, tenendo conto che, proprio in Australia, è più complicato che altrove prolungare la propria esperienza migratoria senza qualifiche specifiche e, quelle universitarie, sono considerabili corsie preferenziali.

 Ma allora chi sono questi italiani all’estero, immigrati prodotti dal nostro sistema paese? ”Risorse boldriniane” dell’altrove?

Di certo non viviamo in alberghi a quattro stelle pagati dai governi ospitanti, né abbiamo wifi gratuito o i famosi 35 euro al giorno ma come noi, non ce li hanno nemmeno gli immigrati in italia, checché se ne dica. Una tendenza che abbiamo sicuramente in comune però, è quella di continuare a contribuire all’economia del nostro paese d’origine; a fare le “sanguisughe” del paese ospitante, per tornare a un tipo di vocabolario molto in voga. Lo facciamo noi dall’estero, come lo fanno rumeni, albanesi e marocchini dall’Italia con un’unica differenza: noi lo facciamo meglio, noi lo facciamo di più.
Dall’inchiesta di Federico Fubini pubblicata sul Corriere della Sera infatti, scopriamo che le “rimesse” degli emigranti italiani superano la somma di tutte quelle che gli immigrati stranieri mandano dall’Italia verso il resto del mondo: 7,2 miliardi all’anno contro 5.

Ora il Ministro Alfano ci chiama “ambasciatori del successo dell’Italia” ma, da quello che so io, gli ambasciatori il Ministero degli Esteri li stipendia, non sono i diplomatici a contribuire, per quanto il loro operato sia encomiabile, a quasi mezzo punto del PIL. Di un successo eventuale sarei veramente fiero di essere ambasciatore però: se quelle  risorse che non vengono usate per rappresentare adeguatamente quei cittadini che le producono, fossero destinate all’integrazione di chi sperimenta e ha sperimentato le stesse criticità sociali che sperimento io come emigrante, ma in quel paese di cui sono e sarò sempre cittadino, a prescindere da dove mi connetterò al wifi.

Lei probabilmente Onorevole, questi dati già li conosceva anche se li interpretava magari in maniera diversa, l’unica cosa che mi sento di chiederle però è di ricontestualizzarli nella realtà, non in quel mondo fantastico fatto di cervelli che fuggono, risorse boldriniane e ambasciatori di successi quali una disoccupazione giovanile che ha raggiunto altezze che danno le vertigini. Si liberi degli stereotipi sugli immigrati invasori e si libererà anche di quello del leghista demagogo; glielo chiedo da pizzaiolo emigrante.

jImmi Grant