La teoria della sovranità limitata.

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Scrivendo il suo piccolo trattato sulla politica, l’ormai esperto e maturo Plutarco, spiega al giovane Menemaco – che sta cominciando il proprio “cursus honorum” politico – in cosa consiste la teoria della sovranità limitata. Per governare, lo ammonisce Plutarco, il giovane Menemaco deve “tenere l’occhio fisso ai calzari dei Romani che sono al di sopra del suo capo” e per spiegarsi meglio, tante volte non fosse chiaro, porta un esempio: “in qualunque carica uno entri, deve ripetere a se stesso: comandi ma sei a tua volta comandato (…) Devi imitare quegli attori i quali trasmettono all’azione drammatica sentimenti, carattere, dignità loro propri, tuttavia ascoltano il suggeritore e non trasgrediscono i ritmi e i limiti del potere, concesse da chi esercita il dominio”.

Siamo nel I secolo dopo Cristo, l’Impero romano è all’apice della sua potenza e le città della Grecia sono sotto la sua indiscussa egemonia. Ma i romani erano abili politici, osservavano e cercavano di comprendere quelli che erano i caratteri e le attitudini dei popoli sottomessi e sfruttavano le proprie conoscenze e la propria flessibilità per far credere ai sudditi di mantenere un’autonomia sulle scelte di casa loro, sulla politica interna, sui commerci, sui culti. Lo stesso Plutarco però, che a Roma ha vissuto molti anni e che dei romani ha conosciuto non solo l’intima essenza, ma anche l’idea di dominio politico, non si illude e mette in guardia Menemaco spiegandogli la teoria della sovranità limitata.

Comandi dice, ma sei a tua volta comandato. Sei controllato, gestito, indirizzato, con misure lievi e non cruente a volte, come la propaganda, i giornali, la radio, le televisioni, le intercettazioni che ascoltano le tue comunicazioni, le pressioni economiche, talvolta indotte, che portano a cambi al vertice dei governi, fino a vere e proprie azioni violente, come gli omicidi, le varie strategie della tensione e le guerre vere e proprie. Da un Campidoglio sulle rive del tevere, sede del potere romano, ad un Campidoglio nel distretto di Columbia, sede del Congresso americano, l’attitudine del potere rimane la stessa, sovranità limitata, nella Grecia di allora o nell’Italia dell’ultimo secolo, la sostanza non cambia.

Come i cittadini delle polis, anche quelli italiani di oggi non sono veramente liberi, ma devono sottostare al potere dei vincitori. Lo hanno mostrato in questi anni anche le poco ascoltate rivelazioni di coloro che non si rassegnano a chinare la testa sotto il giogo e personaggi come Julian Assange o Edward Snowden hanno sacrificato a questo ideale la propria vita, come un Annibale o uno Spartaco, cercando di mettere in luce uno degli strumenti più subdoli che il potere mondiale esercita sui propri “sudditi”. La recente vicenda delle intercettazioni di Berlusconi, non è affatto differente da quella delle registrazioni ai danni dell’ex presidente francese Sarkozy o della cancelliera tedesca Angela Merkel e la reazione diplomatica italiana, non è fasulla né più né meno di quella dei nostri vicini europei.

Anzi, prostrandosi, di fronte a quelli che sono i veri padroni, così come i romani furono i padroni di una Grecia dilaniata da secoli di guerre intestine, il governo italiano concede agli americani non solo l’utilizzo della base di Sigonella, ma prende anche apertamente ordini dall’ambasciatore statunitense John Phillips, che nel ruolo di proconsole, detta quelli che sono i compiti dell’Italia. Una nuova maledetta guerra è alle porte dunque e già uomini dei servizi speciali sono in territorio libico, grazie ad un decreto che l’ubbidiente Renzi ha scritto ad hoc per scavalcare il Parlamento e, all’insaputa dei cittadini, inviare soldati e armi ad occupare un paese straniero, emulando Francia e Inghilterra. Gli interessi economici sono troppo grandi, contano più di qualsiasi altra cosa, di più della nostra Costituzione, sono catene a cui siamo ormai prigionieri. Agli americani non importa se la nostra Costituzione “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (Art.11), perché non sono gli americani a dover rispettare la nostra Costituzione. Anzi, loro sono per cambiarla. Come attestato dall’ambasciatore americano al Corriere della Sera infatti, lo stesso Obama ha sempre appoggiato l’agenda di riforme del governo Renzi, soprattutto quelle sulla Costituzione e lo stesso diplomatico definisce “Il referendum sulla riforma costituzionale in ottobre importante. E’ una riforma necessaria – afferma – darà stabilità, elemento utile”. Starà ai cittadini quel giorno tenere a mente queste parole, sarà uno dei loro pochi momenti di sovranità, voluto dalla Costituzione, per preservare la Costituzione.

Intanto, come in Iraq, Serbia, Afganistan, anche in Libia, nonostante gli inni all’indipendenza e alla pace, il governo italiano reciterà perfettamente la parte di quell’attore che ascolta il suggeritore e non trasgredisce i ritmi e i limiti del potere concesso da chi esercita il dominio e da chi, quell’attore, ha scelto per svolgere quel ruolo. Erano venti secoli che Plutarco non era così attuale.