Le azzurre brillano di luce propria

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Intervista ad Eleonora Goldoni

È ingiusto ed inutile misurare il successo di qualcuno, utilizzando come metro il fallimento di qualcun altro.

Le Azzurre saranno al prossimo mondiale, gli Azzurri no, è un fatto, ma un’utopia compiuta non si celebra compiacendosi delle mancanze di un’ordinaria amministrazione. È come se per complimentarsi della fondazione di Aurorville, avessimo indirizzato un biglietto alla sua “prima cittadina” con scritto “Brava! Ancora meglio di quella volta che nel mio comune hanno quasi raggiunto il pareggio di bilancio!”.

Pensate che Mirra Alfassa ne sarebbe stata particolarmente lusingata?

Le ragazze della Bertolini poi, hanno animato una storia che ha una retorica ben diversa di quella del calcio che conosciamo. Anche se i campi hanno la stessa lunghezza e i minuti sono sempre 90, non basta la sterilità della cronaca ma serve un racconto per significarne l’epicità di protagoniste e luoghi.

Brescia per esempio. Più di ogni altro luogo, declinato calcisticamente al maschile, rimanda alla concretezza. In senso buono, per carità, ma anche le più belle giocate di Roby Baggio, nella memoria collettiva, sono eclissate dalle valanghe di goal, brutti ma buonissimi, di Darione “Tatanka” Hübner o dalle performance a bordo campo di Carlo Mazzone, di cui quella storica durante il derby con i bergamaschi fu solo lo zenit.

Al femminile invece, Brescia è la città sacra. Nell’hinterland di Brescia a tinte rosa infatti, la fabbrica più importante era quella dei sogni, dalla quale è uscita una squadra dilettantistica che è stata capace di vincere due scudetti, tre volte la Coppa Italia e quattro la Supercoppa. Quest’anno poi, è arrivata seconda arrendendosi solo all’ultimo alla Juventus e alla collisione con la realtà che ha obbligato il presidente a cederne il titolo sportivo ad agio del Milan.

Ben cinque delle convocate per la decisiva partita contro il Portogallo, che ha dato il pass per Francia 2019, giocavano nel Brescia. Altre ci hanno militato in passato, come la Bonansea, una delle protagoniste indiscusse dell’attuale successo delle Azzurre, oggi juventina.

La Juventus è l’altra anima di questa Nazionale e, per estensione, del movimento calcistico femminile in generale. Ne è infatti lo “yang” professionistico che potrebbe dare uno slancio propulsivo a questa realtà, contrapposto allo “yin” dilettantistico che ne fu il primo motore.

La Bertolini sembra aver trovato l’equilibrio nonostante questi due baricentri, sfruttando il fatto che se le ragazze non giocano nello stesso club, in alcuni casi lo hanno fatto in passato.

Un gruppo saldato intorno alle sue diversità quindi, compatto e forte ma al quale sembra impossibile aggregarsi in corsa.

Ed è qui che le Azzurre superano ancora se stesse.

Durante la partita contro la Moldavia, esordisce con la Nazionale maggiore un’aliena per il campionato italiano.

Si chiama Eleonora Goldoni, viene dall’America, dove ci è arrivata da Ferrara e se si vuole per forza tracciare un parallelismo con il calcio maschile, in questo caso bisognerebbe scattare un’istantanea ad Asamoah Gyan ventiseienne in azione con l’Al-Ain, cestinare la foto e tenere il negativo.

Si perché la Goldoni è tutto il contrario del “calcio a petrolio” o del “Buen Retiro” in salsa di soia, dove capocannonieri iridati non si sforzano neanche quel tanto necessario, per arrivare in doppia cifra nelle classifiche marcatori cinesi, nonostante stipendi stratosferici.

La Goldoni negli States ci è arrivata grazie ad una borsa di studio. Infatti, oltre a giocare con la squadra della East Tennessee State University, ne frequenta anche l’università stessa.

Lavorando sodo, sia in campo che nel campus, è stata scovata dai selezionatori della Nazionale. Ma come ci si ritaglia un ruolo in uno spogliatoio così unito?

“È sempre difficile ambientarsi in una nuova squadra”, ci dice la Goldoni stessa. “Soprattutto in una così affiatata dove le giocatrici oltre ad essere compagne sono anche amiche ma, e dico la più sincera verità, sin dal primo minuto mi hanno fatto sentire accolta, senza nessun tipo di pregiudizio. Sono entrata in un gruppo e l’impressione che ho avuto è stata la stessa che si prova quando si entra in una squadra di club. Ci vogliamo già bene e ho legato con alcune persone in maniera importante, infatti ci sentiamo anche al di fuori dal campo. Ricordo nel mio primo raduno quanto avessi paura di sbagliare ogni cosa e di come vivevo nella paura di essere giudicata. Adesso, questo disagio va scomparendo perché siamo sempre più unite.”.

Arrivata tra le Azzurre, la Goldoni si è anche dovuta adattare tatticamente. Abituata ad esprimersi tra la poesia della tre quarti e la prosa dell’area di rigore, con la Nazionale ha dovuto allontanarsi dalla porta ricavandosi un ruolo a centrocampo. Anche in questo caso non si è scoraggiata, e felice di poter condividere il reparto con la Bonansea, ovvero uno dei suoi idoli ci dice: “Io mi sono messa in fase di ascolto, per imparare il più possibile perché riconosco di essere un passo indietro, ma ho tanta volonta di imparare e, volta dopo volta, mi sto trovando sempre meglio.”.

 Ma se in campo nel suo nuovo ruolo dovrà concentrarsi più sul pragmatismo che sulla giocata d’estro, il tocco di classe Eleonora lo sfodera parlando della maschile: “È vero, in questi giorni e sempre più spesso si fa il paragone tra noi che abbiamo strappato il pass per Francia 2019 e la maschile che non si è qualificata per Russia 2018. Penso che non abbia senso fare questo tipo di paragoni, l’importante è andare avanti insieme, loro con il nostro supporto e noi con il loro, aiutandoci durante i rispettivi momenti difficili così che possiamo un giorno arrivare a brillare insieme.”.

 Insieme. Una lezione sull’unità che ci arriva proprio da chi dovra prepararsi all’appuntamento mondiale in solitudine. “So che sarà difficile seguirmi dall’Italia negli Stati Uniti ma, personalmente, il mio obiettivo da qui al prossimo anno è di migliorare giorno dopo giorno. Ad andare al mondiale ci tengo da morire. Posso dire che ad oggi è l’obiettivo principale della mia vita, sara piu difficile da sola, dall’altra parte del mondo, ma un mondiale è un’occasione unica e io faro del tutto per arrivare preparata. Ci credo, ci credo davvero.”.

Il prossimo quattro settembre, ci sarà l’ultima partita ufficiale del girone di qualificazione in casa del Belgio.
Il campo non avrà tanto da dire, visto che i giochi son già fatti ma forse, potrebbe essere una di quelle occasioni per “brillare insieme”, come dice la Goldoni. Sono sicuro che Sara Gama e compagne scambierebbero volentieri il gagliardetto con il capitano degli Azzurri che si volesse complimentare con loro per la qualificazione prima di quella data, anche se il gagliardetto è lo stesso.

Soprattutto, perche è lo stesso.

Fabrizio Venturini