Le retoriche dell’intransigenza

contestazione

Nel 1991 il famoso economista Albert O. Hirschman scrisse che negli ultimi duecento anni abbiamo vissuto tre reazioni, o ondate reazionarie.

La prima reazione è il movimento di idee che oppose l’affermazione di uguaglianza davanti alla legge e dei diritti civili in generale, come risultato della reazione della classe aristocratica contro gli ideali della rivoluzione francese.

Nel corso del XIX e del XX secolo, la seconda reazione si oppose al suffragio universale e ai progressi della partecipazione popolare in politica, come ad esempio l’aumento dei poteri parlamentari a scapito di quelli esecutivi.

Alla fine del XX secolo, Hirschman vide l’avvento della terza ondata reazionaria sotto forma di critica dello stato sociale e dei tentativi di ridurne la gittata.

Hirschman sfato’ brillantemente le argomentazioni dei reazionari descrivendo le tre tesi che i gruppi conservatori invocano per criticare le nuove proposte politiche in base alle attuali dinamiche socio-economiche.

Secondo Hirschman, queste tre tesi reazionarie (perversione, futilità e repentaglio) agiscono in successione storica e in connessione con avanzamenti socio-economici e politici.

In particolare, secondo la tesi della perversione, i reazionari sostengono che ogni azione intenzionale per migliorare alcune caratteristiche dell’ordine politico, sociale o economico serve solo a esacerbare la condizione cui si vuole rimediare.

In secondo luogo, la tesi della futilità sostiene che i tentativi di trasformazione sociale sono inutili, che non riescono a intaccare nulla di sostanziale.

Infine, la tesi del repentaglio sostiene che il costo della modifica o riforma proposta è troppo elevato in quanto mette in pericolo certe realizzazioni precedenti.

Se Hirschman fosse ancora vivo e scrivesse oggi, avrebbe forse aggiunto il discorso anti-globalizzazione come la quarta ondata di retorica reazionaria.

Ad ogni modo, Hirschman ha spiegato che i conservatori non hanno il monopolio sulla retorica intransigente, semplicistica e perentoria, ovvero gli attributi che definiscono comunemente il pensiero reazionario. Infatti, Hirschman vide che le loro controparti progressive sono propense a fare altrettanto a questo proposito, e che una buona parte del repertorio della retorica progressista puo’ essere generato rivoltando le tre tesi reazionarie.

Infatti, Hirschman ha chiamato questi argomenti progressisti le tesi della sinergia illusoria e del pericolo imminente.

La tesi della sinergia illusoria significa che i progressisti hanno una propensione a sostenere qualsiasi forma di interazione positiva, o di sostegno reciproco di nuove e vecchie riforme in base alla eterna convinzione che tutte le cose buone vanno insieme, in contrasto con la mentalità a somma zero dei conservatori. In altre parole, i conservatori esagerano il danno alle riforme precedenti che provengono da qualsiasi nuova azione o intervento, mentre i progressisti sono eccessivamente fiduciosi che tutte le riforme si sostengono a vicenda attraverso illusorie forme di sinergia.

Allo stesso modo, la tesi del pericolo imminente utilizza le minacce di dissoluzione sociale o di radicalizzazione di alcune comunità come argomenti convincenti per l’espansione delle politiche redistributive. Di conseguenza, i progressisti non si limitano a sostenere le disposizioni di giustizia sociale per il fatto che è giusto farlo di per sé, ma giocano anche la carta retorica che la loro politica preferita è assolutamente necessaria per evitare un pericolo imminente.

È interessante notare che sia la retorica reazionaria che quella progressista sostengono che il danno che verrà da azione (tesi del repentaglio) o inazione (tesi del pericolo imminente) è del tutto certo e inevitabile.

Queste tesi reazionarie e le loro controparti progressiste si inseriscono facilmente nel dibattito attuale intorno alle dinamiche socio-economiche del libero scambio e della globalizzazione – che possiamo davvero chiamare la quarta ondata di retorica reazionaria.

Il punto di differenza con le precedenti tre ondate è il posizionamento politico sbilenco di liberi scambisti e protezionisti. Vale a dire, i reazionari anti-globalizzazione sono divisi alle due estremità dello spettro politico, a destra come a sinistra (come ad esempio i sostenitori di Trump e Sanders negli Stati Uniti, o di Alba Dorata e Syriza in Grecia).

Sull’altra estremità, i  progressisti libero-scambisti tendono a sedersi al centro politico, indipendentemente dalla loro denominazione, sia essa socialdemocratica o conservatrice (come ad esempio come i laburisti e i liberali in Australia, o i repubblicani e i socialisti in Francia). Anche nei sistemi illiberali, la linea dura dei falchi di solito promuove le contromisure alle forze della globalizzazione (come ad esempio Zhirinovski in Russia, Ahmadinejad in Iran), mentre i moderati sostengono una maggiore integrazione economica e geopolitica (come ad esempio Raul Castro a Cuba, Rouhani in Iran).

Così, per quanto riguarda il libero scambio e la globalizzazione, è possibile delineare le retoriche dell’intransigenza come vengono praticate sia dai reazionari che dai progressisti. Per esempio:

  1. Perversione / Pericolo imminente

Reazionari – L’ulteriore liberalizzazione degli scambi di beni, servizi, capitali e lavoro porterà a conseguenze disastrose.

Progressisti – La mancata liberalizzazione del commercio, degli investimenti e della mobilità dei lavoratori porterà a conseguenze disastrose.

  1. Futilita’

Reazionari – Le politiche di libero scambio e della globalizzazione tentano di modificare le caratteristiche strutturali e permanenti dell’ordine sociale; sono pertanto destinate ad essere del tutto inefficaci e inutili.

Progressisti – La globalizzazione è sostenuta da potenti forze storiche, vale a dire che la storia è dalla nostra parte; opporvisi sarebbe del tutto inutile.

  1. Repentaglio / Sinergia illusoria

Reazionari – Le nuove politiche globalizzanti metteranno a repentaglio l’ordine economico stabilito.

Progressisti – Le nuove e vecchie politiche economiche si rafforzano reciprocamente.

In conclusione, queste coppie retoriche espongono gli argomenti sia reazionari che progressisti, promuovendo le dichiarazioni estreme che invadono ed espellono ogni discorso serio con dibattiti immaginifici e altamente polarizzati.

Tuttavia, per rimanere positivi, si potrebbe arguire che i moderni regimi di democrazia pluralista sono in genere emersi non a causa di un preesistente  e ampio consenso sui valori fondamentali di un certa comunità, ma piuttosto come il risultato di una situazione di stallo tra visioni del mondo notevolmente contrastanti. Pertanto vi può essere ragione di sperare che le retoriche dell’intransigenza dispiegate nella turbolenta politica mondiale del 2016 ad un certo punto cedano il passo a un tipo di discorso politico e culturale meno ideologizzato e strumentalizzato, se non più considerato e deliberativo.

 

Giovanni Di Lieto