“L’unico modo per restare in Italia è andarsene” scriveva qualche giorno fa Massimo Fini sul Fatto Quotidiano, volendo intendere che ormai il nostro Paese è talmente allo sbando che restarci dentro ti consuma, ti spegne. Mentre andando altrove, lontano, tutto ciò che di magnifico l’Italia ci ha trasmesso resta in vita dentro noi stessi. Quella capacità di riconoscere la bellezza perché vi si è cresciuti in mezzo. Quella cura nel dedicarsi a ciò che si fa, trasmessoci dalle tradizioni che abbiamo respirato sin da piccoli. Quella voglia di immaginare il futuro per cui il nostro passato ci ha fornito gli strumenti. Quella vivacità di idee che la nostra cultura alimenta dentro di noi e quella prontezza nel confrontarci con i problemi, frutto di un ingegno che ha radici profonde nella nostra storia. Abbiamo tutte queste capacità, lentamente trasmesse di generazione in generazione, eppure, tutto ciò che ci resta è andare via lontano.
Le parole di Massimo Fini mi hanno fatto molto pensare. Mi hanno infastidito, depresso, le ho istintivamente respinte. Andare lontano non può essere l’unico modo per restare, ma piuttosto potrebbe essere un validissimo modo per riflettere su come poter tornare. Tornare non nel senso di un movimento nello spazio, ma piuttosto di un movimento della mente, della coscienza. Partenza e ritorno sono due azioni che ci permettono di guardarci dal di fuori, capire, trovare il coraggio e assumerci la responsabilità di agire. E anche se in questo momento Massimo Fini avesse ragione, e chi è davvero in Italia è chi in realtà se ne è andato, allora proprio noi che siamo lontani saremmo in realtà i più vicini. Vorrebbe quindi dire che, nonostante la lontananza, nonostante la rabbia che in fondo, per questa lontananza, ognuno di noi porta dentro di sé, abbiamo noi, sulle nostre spalle, tra le nostre mani, il potere di agire. Allora forse ora possiamo faro davvero: mandare un messaggio potente alle nostre città, ai nostri paesi, ai nostri quartieri. Forse una nostra partecipazione massiccia al voto potrebbe essere il primo segnale di questo messaggio davvero rivoluzionario.
Luca M. Esposito