Ma quale cervelli in fuga o expat, siamo tutti lavoratori emigrati

acli eza

Cosa accomuna chi emigra verso un paese europeo a chi attraversa l’intero emisfero per sbarcare in Australia?

Certo, il fatto di essere su per giù della stessa generazione e di aver deciso di intraprendere un’esperienza complessa come quella dell’emigrazione. Ma anche, prima di tutte le altre cose, l’appartenenza alla stessa classe sociale, quella dei lavoratori emigrati. Una categoria di lavoratori particolarmente esposta e particolarmente vulnerabile, facile preda dello sfruttamento in quella giungla che è ormai diventata il mondo del lavoro su tutto il pianeta.

E’ triste, ma è così. Ed è ora di rendersene conto, perché la condizione di vulnerabilità alla quale siamo sottoposti come lavoratori, è aggravata anche dalla nostra mancanza di consapevolezza, che fa buon gioco a chi sulla nostra pelle e su quella vulnerabilità ci guadagna. E’ ora dunque di creare un ponte ideale tra tutti i lavoratori italiani emigrati, dall’Europa all’Australia, e mettere al centro la necessità per la nostra generazione di prendere coscienza della propria appartenenza sociale.

Al diavolo quindi termini come cervelli in fuga o expat con i quali veniamo descritti. Bisogna cominciare a chiamarci, primi noi stessi, con il nostro vero nome di lavoratori emigrati. Sì, proprio come i nostri nonni che lasciavano le loro terre all’inizio del secolo scorso in cerca di fortuna e lavoro. Perché noi non siamo molto diversi da loro ed è necessario esserne consapevoli, lasciando le parole senza significato ai titoli dei giornali.

Anzi, proprio dalle generazioni che prima di noi si sono trovate nella stessa situazione, dobbiamo cominciare ad imparare, senza che tutte le lauree e le specializzazioni di cui ci sentiamo giustamente orgogliosi ci diano l’illusione di essere difesi contro lo sfruttamento e dallo svilimento dei nostri diritti. Ma anzi facendo sì che la nostra istruzione,  che i nostri “pezzi di carta”, faticosamente guadagnati in anni di studi, siano uno strumento ulteriore per prendere coscienza del nostro vero posto nel mondo.

Il rischio è infatti per noi quello di cadere in una trappola che invece le generazioni passate, spesso pochissimo istruite, sono riuscite ad evitare proprio prendendo coscienza delle proprie vulnerabilità. Rendendosi conto di dover utilizzare tutti i mezzi a disposizione per non trovarsi indifesi all’interno del conflitto sociale.

Lo stesso conflitto sociale in cui anche noi siamo immersi fino al collo. E’ così che da una generazione di lavoratori poco istruiti, la nostra generazione, che si vanta di essere altamente formata ma che fatica a vedere qual’è il suo vero posto all’interno della società, deve imparare. Partirà da qui, da questa consapevolezza, il nostro intervento al seminario internazionale di studi Acli/Eza, al quale parteciperemo come Nomit e al quale è stato invitato a parlare il nostro presidente Fabrizio Venturini.

Ringraziando gli organizzatori e le Acli per averci incluso in un dibattito che costruirà un ponte ideale tra lavoratori italiani emigrati in Europa e in Australia, vi invitiamo tutti a partecipare al webinar Zoom che si terrà martedì dalle 18.30 alle 22.00 e al quale è possibile accedere tramite questo link  https://zoom.us/webinar/register/WN_Tve7CLZ4SXWmhKrHlj83RQ