Non solo al cinema…”Lo chiamavano Jeeg Robot”

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Ecco a voi una rubrica nuova di zecca, gemella di “serie seguendole” e nata dalla penna del nostro Corto M. Garcia…una luce sempre accesa sul mondo del cinema italiano. Buona lettura!

 

Per te, solo per te che stai guardando Love Child e Doctor Doctor, ti dedico questa rubrica nuovanuova su quello che a ME va di vedere al cinema (o anche in videocassetta, per dire).

E quindi visto che IO sono italiano, cominciamo questo appuntamento cinematografò con il romanissimo Lo chiamavano Jeeg Robot.

 Guarda, sono quasi sicuro che non l’hai ancora visto quindi il favore che ti sto facendo è duplice: 1 perché ti offro qualcosa da leggere sul trono; 2 perché magari incuriosito stasera accanni The Bachelorette e ti guardi un film coi controfiocchi.

Un winwin praticamente…

“Mo’ ch’è sto Gig Robbò, non era quel robbò che davano su Italia 7 con la faccia colorata e le braccia a zucchina? Io ho “gugolato” e sulla locandina c’è il tipo di Romanzo Criminale vestito da Black Bloc…”

Hai ragione.

Il robot creato dal genio di Go Nagai non c’entra, o meglio c’entra fino ad un certo punto.

Già in precedenza, il cineasta romano Gabriele Mainetti, dimostra il suo amore viscerale per gli anime, per i manga, i fumetti sui super eroi americani, parte importantissima della sua formazione.

(E quindi ti vai a vedere su YouTube Basette e Tiger Boy, due cortometraggi splendidi).

Anche in questa sua ultima fatica cinematografica traspare quella passione di cui sopra.

Dimmi la verità, ancora non hai capito nulla…

Hai ragione, mi sto perdendo… Però un paio di punti parono chiari: il regista è bravo e la sua formazione cinematografica sembrerebbe influenzata fortemente da anime e fumetti.

E infatti LcJR (ti abbrevio che mi annoio) colma un gap che noi italiani, che condividiamo le passioni del Mainetti, abbiamo sempre sperato che qualcuno colmasse. Finalmente abbiamo il nostro super eroe!

Meglio ora? Speriamo…

Però il nostro super eroe (un gigantesco Claudio Santamaria) non è proprio un Peter Parker (Spider Man, lo specifico nel caso leggesse mia nonna, spero tu lettore non ne abbia bisogno) della situazione, ovvero tutto un “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, ma proprio “sticaxxi” proprio (per restare in tema con Roma).

Ti ricordi come è strutturato un cinecomics (o meglio, un fumetto di supertizi in costume dotati di poteri?)

E’ semplice e lineare:

 

  • C’è il protagonista (un filo sfigatiello) che in seguito ad un’incidente entra in contatto con porcherie varie che gli conferiscono il potere di prendere a mazzate le genti malvagie;

 

  • Il nostro futuro eroe non sa bene cosa fare con ‘sti nuovi poteri, finché un tizio a lui caro ci appizza la pelle;

 

  • C’è una donzella in pericolo e il nostro se ne innamorerà in un amen;

 

  • Spunta fuori un villico più tamarro anche del nostro eroe che mette a segno una serie di rapine e cosebruttevarie;

 

  • Il supertizzio buono prende a legnate sul cranio la sua nemesi… Fine, the end…

 

E allora Mainetti, che ne sa a pacchi, giustamente rispetta questo canone (che io ho ridotto in malo modo in 5 punti) ma nello stesso lo stravolge con una potenza visiva e originalità di scrittura senza precedenti:

Enzo Ceccotti (il nostro protagonista) è un tramaccino di Tor Bella Monaca che campa di impicci (scippa le vecchie, rubacchia cose in giro) e che per scappare dalle guardie in seguito a un furto, si tuffa nel Tevere finendo in un bidone di scorie radioattive.

Tutto insozzato di guano, il nostro ladruncolo se torna a casa mezzo morto e febbricitante…

Dopo una notte demmerd si sveglia carico a pallettoni e giustamente, consapevole che con la sua nuova forza può far deragliare un treno con una spallata, decide di sfonnare bancomat, furgoni portavalori e via dicendo…

I pugni nelle mani” insomma…

Alla faccia del “da un grande potere derivano ecc. ecc.” tu, attento lettore dirai.

Però aspè, mica sono finiti i 5 punti del canone supereroistico…

Il nostro Enzo (che vive in una catapecchia piena zeppa di pornazzi e Danette, tanto per ribadire il suo essere sociopatico) fa la conoscenza di Alessia, fragile ragazza del piano di sotto, ossessionata da Jeeg Robot.

Alessia non è certo Mary Jane o Lois Lane (così come Enzo non è Clark Kent, ma questo l’hai capito da un pezzo), Alessia (Ilenia Pastorelli, attrice alla sua prima esperienza, è titanica) è una malata di mente (perdona il mio essere politicamente poco corretto) che ha trovato nei cartoni di Jeeg Robot la chiave per sfuggire dalla realtà (e sopportare il suo passato).

Sarà proprio Alessia, donzella in pericolo, che tra frasi apparentemente senza senso tratte dal cartone di Jeeg (“spade alate”, “grotta di fuoco”, “Regina Himika” in loop) battezzerà Enzo Hiroshi Shiba (il protagonista di Jeeg Robot d’acciaio).

Sarà lei che lancerà i componenti per Enzo, il quale, da ladro di periferia romana diventerà qualcosa di più…Ma cos’è un eroe (riluttante nel nostro caso) senza la sua nemesi?

Qui tutta la grandezza del Mainetti, che sa bene che un villain caratterizzato all’estremo è il piatto forte che tutti noi aspettiamo. Non è così?

Cosa sarebbe Batman senza Joker?

Chimera senza Belerofonte? L’uno completa l’altro. Deve essere così…

E il cineasta romano ci regala lo Zingaro, un immenso Luca Marinelli, che ruba la scena a tutti appena è inquadrato, personaggio che ha tutto. TUTTO!

Lo Zingaro è un mix tra il Joker, ha un po’ del Canaro (figura che i romani conoscono gran bene), ha qualcosa del Libanese. È unto e madido, ha i vestiti sgargianti e una personalità talmente tridimensionale che levati.

Hai presente il nuovo Joker del super premio Oscar e rockstar Jared Leto?

Ecco, Marinelli lo spazza via in due battute e in più, a differenza del tipo americano palestrato, è in grado di cantare veramente…

La passione sfrenata dello Zingaro per il canto rende tale personaggio talmente completo e complesso da sfiorare la perfezione e forse, riesce a mettere “un filo” in ombra il nostro (anti) eroe.

Che manca? Beh, manca il quinto punto del canone supereroistico. La mazziata finale tra i due in puro stile The Unbreakeble di “Shamalaya”.

E allora ti tocca vedere il film…

Insomma LcJR è una sorpresa continua, un film che non ha un solo momento di stanchezza, che sorprende, commuove, diverte, che attinge al cinema grottesco e pulp di Tarantino e alla scrittura tagliente ed esplosiva di Millar (che è quello di Kick-Ass).

È una novità assoluta per il cinema italiano, qualcosa che dà speranza per il futuro.

Gabriele Mainetti sei tu il nostro Hiroshi Shiba…

Grazie per averci salvato tutti,

 

CMG.