Anche quest’anno nella manovra finanziaria del 2021 il governo si è scordato dei molti giovani che sono emigrati all’estero in questi ultimi anni. Nel bilancio appena varato, infatti, per i cittadini italiani residenti all’estero sono previste detrazioni fiscali sulle seconde case di proprietà, incentivi per le ristrutturazioni di immobili, finanziamenti alla lingua e alla cultura italiana, i fondi per l’elezione dei Com.It.Es., iniziative per l’internazionalizzazione delle aziende e la difesa del Made in Italy, la promozione del turismo e infine alcune agevolazioni per chi volesse fare rientro in Italia. Tutti progetti e finanziamenti utili, nessuno lo mette in dubbio, ma tra i quali, ancora una volta, mancano iniziative concrete rivolte ai tanti italiani emigrati negli ultimi 15 anni, sempre molto presenti nei discorsi istituzionali, ma poi lontani dai pensieri dei decisori politici quando si tratta di misure più concrete a loro rivolte.
Perché, ci chiediamo, la politica non capisce che occorre davvero dedicare maggiore attenzione a tutta una fascia di emigrati che potrebbero essere non solo una risorsa per l’Italia del futuro, ma che con il proprio lavoro e la propria presenza all’estero rappresentano, già oggi, l’immagine dell’Italia nel mondo?
Non può essere questione di numeri. Secondo il rapporto Migrantes, infatti, dal 2006 al 2019 i cittadini italiani iscritti all’Aire sono aumentati da 3 milioni a 5,5 milioni. Ma le cifre reali, lo sa bene chi si occupa di recente emigrazione, sono molto più alte, perché circa 2/3 dei nuovi emigrati non si iscrivono all’anagrafe degli italiani residenti all’Estero. Un po’ per superficialità, bisogna ammetterlo, ma molto per un forte senso di sfiducia nei confronti delle Istituzioni. Non ultimo, anche a causa di un’istituto, come quello dell’Aire, che è ormai desueto rispetto ad una emigrazione italiana fortemente mobile e che danneggia, vedi il problema dell’assistenza sanitaria, coloro che vivono un’esperienza migratoria fatta di continui addii e rientri.
Ma se la nuova emigrazione italiana è anche oramai molto più ampia nei numeri, cos’è che la nasconde agli occhi della politica? Rispondere a questa domanda purtroppo non è facile. Certamente è giusto denunciare la grave disattenzione della politica nazionale e la disarmante inadeguatezza degli organismi di rappresentanza all’estero, ma occorre poi anche l’onestà intellettuale per riflettere su noi stessi. E’ chiaro infatti che nessuno si occuperà della generazione di emigrati di cui facciamo parte tutti noi, se prima non saremo noi ad occuparci di noi stessi.
La politica infatti non si occupa di te se prima tu non ti occupi della politica ed è questo distacco, questo disinteresse, il grande fallimento della nuova emigrazione. Presi, come è comprensibile, dalla difficile quotidianità della propria esperienza, che tutti conosciamo, si è distratti e poco consapevoli sull’aspetto collettivo e dunque politico di essa. Occorre dunque prendere coscienza che siamo un insieme, con difficoltà ed esigenze molto simili e serve sviluppare in noi una consapevolezza che l’individualismo che ci hanno insegnato è un trucco. Ci fa sentire forti ma ci indebolisce. E’ urgente, e questa pandemia l’ha bene mostrato a tutti, cominciare a far sentire in modo organizzato la propria voce, occuparsi del contesto sociale in cui si è inseriti e aprire un dialogo con i decisori politici per ricordargi che ci siamo anche noi e che è ora che comincino a tenerne conto sul serio.
(Photo by 🇨🇭 Claudio Schwarz | @purzlbaum on Unsplash)