Reddito di Cittadinanza e giovani italiani all’estero: Quando la politica proprio non ce la fa

mongolfiera

Si continua a parlare di italiani che fuggono all’estero, soprattutto giovani. L’Italia continua a svuotarsi di chi rappresenta una parte del futuro del Paese, di menti, di braccia, di speranze, di volontà, di immaginazione, di cuori. Intere zone della Penisola rischiano lo spopolamento, in particolare in alcune aree del centro-sud le campagne vengono abbandonate, gli antichi borghi cadono in rovina, gli anziani restano senza nessuno ad ascoltare i racconti di una tradizione che presto si perderà. E’ un’intera cultura che muore lentamente.

Proprio quella stessa cultura di cui molti si riempiono la bocca, per la quale tanti si battono il petto, e lo fanno soprattutto quando devono vendere qualcosa, che sia una promessa politica, che sia qualche bene di consumo poco importa. La retorica resta sempre la stessa.

Come sempre la stessa resta la retorica con cui si parla di noi. Di noi che negli ultimi anni siamo andati via. La parola che si usa più spesso è  “fuga” e la si usa quando si vuole biasimare l’Italia in modo strumentale, ma non per quello di cui davvero dovrebbe essere biasimata. La usano “quelli di dentro” per dire che va tutto male. La usano purtroppo anche “quelli di fuori”, per esprimere la frustrazione dovuta alla mancanza dei propri cari, dei luoghi familiari che si è deciso di lasciare. Ma è solo retorica. Perché qui a scappare davvero sono stati in pochi.

La maggior parte di chi ha deciso di tentare la via dell’estero l’ha fatto per mille ragioni diverse, impossibili da raccogliere in una parola, in una azione sola. E forse l’unico comune denominatore che può essere rintracciato in questa esperienza di vita, è quello della ricerca. Tutti noi stiamo infatti cercando un modo per farcela. Come ci provano anche i coetanei delle nostre generazioni che sono rimasti. Solo che chi ha deciso di andare, ha avuto quel guizzo in più, di coraggio o di follia, di intraprendenza o di possibilità, che aggiunge qualcosa, e toglie anche abbastanza a chi l’ha fatto. Le scelte in fondo sono così, danno e tolgono, quindi, che si parta o che si resti, probabilmente al netto la bilancia resta in equilibrio. O si piega da una parte o dall’altra, a seconda del peso che ognuno decide di assegnare alle cose e a seconda dei momenti, perché le cose non pesano tutte allo stesso modo ogni giorno.

L’unica a perderci davvero invece, l’unica ad essere un poco in fuga da se stessa, è l’Italia. Perché se non fosse così impaurita da se stessa, avrebbe la fiducia di guardare dentro di sé e capirebbe che non è tanto un problema il fatto che in molti partano, ma lo è che nessuno quasi abbia la possibilità di tornare, se lo desidera. Ecco, una delle grandi sfide per il futuro dovrebbe essere proprio quella di dare la possibilità a tutti coloro che vorrebbero tornare di farlo.

Il governo ha immaginato una tassazione agevolata per i pensionati che rientrano nei comuni al di sotto dei 20mila abitanti nel sud. Ma i paesi, le campagne e i borghi, non hanno solo bisogno di pensionati. Hanno bisogno più che mai di giovani. E se poi sono giovani che hanno anche un po’ girato il mondo, allora per questi borghi, per queste campagne, sarebbe davvero una rivoluzione. Per questo è inspiegabile la decisione del governo di non comprendere nel reddito di cittadinanza chi decide di rientrare dall’estero, magari agevolando in qualche modo il ritorno proprio in queste aree spopolate, per riempirle nuovamente di vita.

Forse non funzionerebbe ugualmente. Forse in pochi penserebbero davvero di tornare, ma il messaggio sarebbe ugualmente potente. Vorrebbe dire avere la possibilità, la libertà di scegliere, e per l’Italia sarebbe un messaggio rivoluzionario. Perché in fondo è questo quello che davvero cerchiamo tutti. La libertà che ci permetta davvero di scegliere.

Luca M. Esposito

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Luca M. Esposito

Luca M. Esposito

Che ci fa uno storico medievale, con un impiego nelle produzioni cinematografiche e appassionato di politica in Australia, è una domanda che continua a rimbombare nella testa di Luca fin dal suo approdo a Melbourne, nel 2012. La continua ricerca di una risposta porta Luca nei mercati, nelle università, nei giardini, nei consolati, nelle farm di galline sparsi per la città, fino ad approdare, come redattore, nella redazione del bisettimanale italiano d’Australia Il Globo, ad occuparsi principalmente di politica italiana. Nel frattempo dedica tutto il suo tempo libero a Nomit, che con molti altri ragazzi, ha contribuito a fondare e costruire sin dal maggio 2013. Un’esperienza che, è convinto, lo aiuterà a placare la sua sete di risposte.