Martina Lucariello, originaria di Livorno, ci racconta la sua esperienza in una farm di zucchine del Queensland
Prima del 20 giugno 2017, mai avrei immaginato di vivere un’esperienza di questo tipo.
Una di quelle che, una volta superata, consiglieresti a occhi chiusi perché quello che non uccide, fortifica. Eppure, prima di imbarcarmi in questa avventura durata ben tre mesi, nella mia testa questa possibilità era remota, quasi inesistente, come una cosa che avevo categoricamente scartato.
Sono partita per l’Australia con l’idea di vivere un’esperienza di lavoro, di viaggio, ma soprattutto di vita. Una di quelle che ti segnano per sempre. Spinta da un’insaziabile sete di conoscenza e da una dose smisurata di curiosità, decido di preparare la valigia per quello che sarebbe stato il viaggio più lungo e lontano che abbia mai affrontato, di fronte a me 24 ore di volo e un visto vacanzalavoro di un anno. Prima tappa, Melbourne, là dove si mescolano culture europee, asiatiche e orientali nella futuristica cornice dello skyline. Seconda tappa: il viaggio, o meglio il road trip lungo la East Coast australiana, paesaggi da togliere il fiato, meravigliose spiagge selvagge, e infinite distese di terra, perché se c’è una cosa che caratterizza l’Australia è l’immensità degli spazi e la sensazione di libertà che si prova viaggiando per questo continente. Libertà che sembra di poter sfiorare con un dito quando il viaggio è letteralmente vissuto alla giornata, con una meta in testa da raggiungere, ma senza sapere quanto tempo ci vorrà, né quante persone, storie e posti incroceranno il tuo cammino. Terza tappa: la vita nei campi. Una parentesi che ha lasciato un segno indelebile dentro di me e che ha aggiunto un tassello significativo a quello che è l’interminabile percorso di crescita cui la vita ci sottopone.
Ebbene, come molti sanno, una delle strade per ottenere il rinnovo del visto vacanzalavoro in Australia è quella di lavorare nell’agricoltura per 88 giorni. Dopo innumerevoli richieste, telefonate, candidature e risposte negative, ricevo una telefonata da Anna, proprietaria di una farm di zucchine: “Lo straniero che arriva a Clare piange due volte, la prima quando arriva e la seconda quando se ne va” Tre indelebili mesi di vita nei campi a Clare, un minuscolo agglomerato urbano di circa 600 anime a mezz’ora di macchina da Ayr, nel Queensland settentrionale, circondata da lunghe distese di piantagioni di canna da zucchero. Era un martedì di giugno e il sole era alto nel cielo, alle ore 15 del pomeriggio Anna mi aspettava per conoscermi, fornirmi il materiale da lavoro necessario e mostrarmi dove avrei passato i prossimi 88 giorni della mia vita. Ho pianto, lo ammetto. Per svariate ragioni non sono riuscita a trattenere le lacrime, soprattutto al vedere partire la mia compagna di avventure con la quale ho trascorso un indimenticabile mese di viaggio. L’occorrente ce l’ho: cappello di paglia per proteggere dal sole, coltello per tagliare la zucchina dalla pianta, cintura alla quale viene attaccato un secchio per la raccolta manuale e calzini a mo’ di protezione dell’avambraccio perché la pianta della zucchina può essere pungente e dare prurito.
Sono le ore 6 del mattino e sono pronta per dare inizio al primo di questi 88 giorni. Il primo giorno, per fortuna, non è altro che una leggera immersione nell’attività di picker – raccoglitore di zucchine – con solo due ore di lavoro. Dopodiché iniziano le giornate piene sotto il cocente sole australiano lungo le infinite file dei campi di zucchine. Le storie e gli aneddoti da raccontare sarebbero innumerevoli, non soltanto riguardo alla vita in farm in mezzo a tanti altri backpackers provenienti da tutto il mondo, tutti accomunati dall’obiettivo di ottenere i famigerati 88 giorni, ma anche e soprattutto riguardo alla vita dei locali di Clare, con i quali sono potuta entrare in contatto lavorando nell’unico pub di paese, il Clare Sports and Recreation Club, aperto tutte le sere e ogni mercoledì e venerdì anche a cena.
Sì, perché in fin dei conti, esiste l’Australia delle grandi metropoli come Melbourne e Sydney, ma esiste anche l’Australia dei piccoli paesi dove l’agricoltura rappresenta il fattore trainante dell’economia. I frequentatori del club sono gli abitanti di Clare che a fine giornata si ritrovano al pub a sorseggiare una birra rinfrescante e raccontarsi le loro giornate nei campi, chi tagliando la canna da zucchero, chi occupandosi dell’irrigazione, chi operando certi macchinari. Ricordo perfettamente gli sguardi puntati su di me il primo giorno in cui misi piede dentro il club, così come ricordo benissimo le parole e le lacrime negli occhi di alcuni quando arrivò il giorno di lasciare Clare e le bellissime persone che hanno incrociato il mio cammino.
È un po’ come quella metafora della vita per cui lo straniero che arriva a Clare piange due volte, la prima quando arriva e la seconda quando se ne va. Sono stati tre mesi intensi, vissuti appieno, in cui l’unico motore che ti dà la forza per affrontare le giornate è il tuo corpo, la sola fonte da cui provengono sforzi ed energia. Sono stati tre mesi fatti di pianti, risate, di persone che vanno e vengono, di bellissime amicizie che si stringono stando a contatto 24 ore su 24 e condividendo ogni singolo momento. 88 sono le foto che ho scattato ai meravigliosi tramonti, ognuna diversa dall’altra grazie alla magica combinazione tra sole, cielo, nuvole e colori. Sarà impossibile dimenticare quei cieli stellati mai visti prima, i compleanni a sorpresa, le gite in pullman per andare al supermercato a fare la spesa una volta alla settimana e in comitiva, le pause pranzo distesi in mezzo ai campi alla disperata ricerca di un posto all’ombra. È come essere catapultati in un mondo parallelo, lontano dai rumori e dal caos della città, ma vicino alla genuinità e alla spontaneità della gente.
«Un viaggio è sempre una scoperta, prima di luoghi nuovi è la scoperta di ciò che i luoghi nuovi fanno alla tua mente e al tuo cuore. Viaggiare è sempre, in qualche forma, esplorare sé stessi».
Martina Lucariello
(IL GLOBO, Eureka, giovedì 7 giugno 2018)