Un faro di civiltà immerso nei ghiacci Islanda 2008-2016

iceland_flag_grunde_by_jestemturk-d5fvywb-768x543

Se chi non c’è mai stato chiude gli occhi per un attimo e prova ad immaginarsi l’Islanda – Iceland, la terra dei ghiacci – si ritroverebbe trasportato dalla propria mente in una distesa di neve gelida, un paesaggio poco ospitale, lontano da tutto, con poche tracce di civiltà.

L’Islanda è invece tutta un’altra cosa, un piccolo paese, sì immerso nei ghiacci, ma con un senso della civiltà e della democrazia talmente vivi e resistenti, che sembrano essersi, grazie forse alle temperature, conservati così intatti da ricordare da vicino i più grandi esempi della storia dell’occidente.

Non è un popolo turbolento quello islandese, questo è vero, ma quando c’è qualcosa che rischia di minacciare la propria democrazia, in quella stessa pacifica gente, è come se si risvegliasse un fuoco interiore, è come se riaffiorasse il sangue dei furenti antenati vichinghi che scorre nelle loro vene e come una valanga, le loro proteste acquistano una forza travolgente.

Accadde una prima volta nel 1949, quando i politici islandesi decisero di annettere il paese alla Nato. Le proteste, visto che l’Islanda era stata da sempre una nazione neutrale e senza esercito, furono talmente forti che crearono un grande shock nell’opinione pubblica e portarono, in seguito, alla caduta del governo conservatore che aveva spinto per l’adesione.

Memore di quanto successo, la classe dirigente islandese si guardò bene dallo scatenare ancora una volta l’ira del proprio popolo, che tuttavia, solo sopita, riesplose molti anni dopo, nel 2008.

A causa degli errori dei politici, che avevano privatizzato gli istituti di credito islandesi e quindi deregolarizzato completamente il settore bancario, si ebbe una progressiva e montante finanziarizzazione dell’economia. Così, nel 2008, le banche che avevano accumulato debiti immensi a causa delle speculazioni, non appena il crollo della Lemhan Brothers diede avvio alla crisi finanziaria mondiale, si ritrovarono sull’orlo della bancarotta.

A quel punto, i politici islandesi provarono a fare come quelli di tutti gli altri paesi, salvare le banche a spese dei cittadini e per farlo, accollarsi il debito, riducendo la spesa pubblica con politiche di austerity. Ma a differenza degli altri paesi europei, gli islandesi non si lasciarono portare via il proprio welfare e occuparono le piazze. La forza della protesta fu talmente travolgente che i governanti furono costretti a cambiare decisamente rotta e unici, contro le indicazioni degli economisti di tutto il mondo, decisero di lasciar fallire le banche. Per questa scelta l’Islanda si attirò le critiche dell’intero pianeta e la vicina civile Inghilterra la bollò addirittura come “paese terrorista”.

Il popolo islandese però non si lasciò intimidire e prese il controllo del proprio paese, chiedendo le teste dei responsabili dello sfacelo economico. L’Islanda fu infatti l’unico paese dove si ebbero arresti e punizioni per coloro che avevano speculato o erano responsabili della situazione. E mentre la piccola isola, attraversava una crisi spaventosa, con un debito pubblico in crescita verticale, l’inflazione che schizzava e i cittadini costretti comunque a garantire alcuni dei debiti delle banche, il popolo islandese tenne duro e impose una svolta radicalmente partecipativa alla politica del paese.

Tramite delle consultazioni on line si arrivò alla stesura di una nuova Costituzione, che stabilì la partecipazione diretta del popolo islandese alla politica, con il rafforzamento dei referendum e delle leggi di iniziativa popolare.

Ecco il suo preambolo: Noi, il popolo dell’Islanda, vogliamo creare una società giusta, dove tutti hanno uguali opportunità. Le nostre differenti origini ci arricchiscono come comunità e tutti insieme sentiamo la responsabilità di trasmettere l’eredità degli avi: la terra e la storia, la natura, la lingua e la cultura. L’Islanda è uno Stato libero e sovrano, con la libertà, l’uguaglianza, la democrazia e i diritti umani posti come pietre angolari. I Governi lavorano per conseguire il benessere del popolo e il progresso culturale nel rispetto della diversità della vita umana, del territorio e della biosfera. Vogliamo promuovere pace, sicurezza, benessere e felicità tra di noi e le generazioni future.

Le tasse salirono, ma si decise di fare sacrifici, proteggendo il welfare, preservando l’occupazione e tutelando le fasce più deboli. In breve tempo avvenne quello che a tutti sembrava impossibile. L’economia riprese a correre, grazie alla svalutazione della moneta raddoppiò il turismo, il Pil ricominciò a salire e la disoccupazione a scendere, raggiungendo il tasso percentuale più basso d’Europa. Sembrava un miracolo invece era solo la conseguenza di una scelta coraggiosa.

Oggi, quella strada intrapresa con orgoglio dal popolo islandese, è stata ribadita ancora una volta. A seguito dello scandalo appena scoppiato dei Panama Papers infatti, si è scoperto che la moglie del primo ministro era proprietaria di un conto offshore. La difesa del premier indirizzata, come quella di tutti i politici del mondo coinvolti, a giustificarsi prendendo in giro i cittadini, in Islanda non ha funzionato e migliaia di contestatori sono scesi in piazza per chiedere la sua testa. La protesta, anche più grande di quelle precedenti, ha quindi costretto il primo ministro a rassegnare le proprie dimissioni, unico nel mondo, ma il popolo islandese, non soddisfatto dal rimpasto di governo, non ha lasciato la piazza, dichiarando che le manifestazioni non si fermeranno finché non saranno svolte immediatamente nuove elezioni.

Ancora una volta, come accaduto in precedenza, questo piccolo paese tra i ghiacci sta facendo impallidire tutti i popoli dei paesi occidentali, ricordandogli che l’essere cittadino di una democrazia comporta una scelta di coraggio e autonomia, che le libertà e i diritti non possono essere barattati con la sicurezza e il benessere, che le scelte e gli errori di coloro che governano sono responsabilità dell’intera cittadinanza, nessuno escluso e che il dissenso e lo spirito critico, sono la linfa di una società libera.

Dal caldo Mediterraneo dove sono nate, la democrazia e la civiltà, che ormai apparivano solo una fioca luce inghiottita dai flutti come i barconi dei disperati, sembra siano migrate anche loro e abbiano ripreso a splendere la propria luce di speranza tra i freddi ghiacci d’Islanda.