La radicalizzazione del clima fortemente divisivo che sta investendo il panorama politico italiano, in una progressiva deriva che sta investendo il Paese da più di 20 anni, contribuisce con sempre maggiore insistenza a far perdere di vista quelli che sono stati i pilastri su cui si è fondata la sofferta costruzione della Repubblica italiana.
L’onda lunga di questo decadimento, che in Italia ha recentemente tentato di intaccare persino le radici profonde della nostra Costituzione, è giunta anche ad investire la comunità italiana d’Australia, che si è da sempre dimostrata molto attenta ai valori fondanti delle libertà e dei diritti civili. Gli scorsi anni, partecipando a celebrazioni come la festa della Repubblica del 2 giugno qui a Melbourne, mi sono più volte stupito di come, durante i discorsi ufficiali, si evitasse di pronunciare persino la parola “Repubblica”, ci si tenesse lontani dalla parola “Costituzione” e non si prevedessero nemmeno celebrazioni per il 25 Aprile, festa della Liberazione.
Quest’ultima in Italia ha avuto effettivamente una vita travagliata, per il significato politico a lei attribuito negli anni, ma anche perché alcune menti illustri hanno contribuito a sviluppare una lettura critica di quei momenti travagliati, dimostrando una maturità storica che, lungi dal mettere in discussione i valori che su quel periodo storico si sono costruiti, hanno ritenuto opportuno elaborarne una analisi che sostenesse lo sviluppo della coscienza critica del Paese.
Nonostante questi eccellenti lavori e il dibattito intellettuale (certamente non quello politico) elaborato intorno ad essi, l’importanza delle feste laiche della nostra esperienza di popolo non è per questo stata messa in discussione nei suoi principi fondanti.
Volevo quindi esprimere qui la profonda personale gratitudine che ho provato nel leggere sul Globo di giovedì 4 maggio le parole pronunciate durante le celebrazioni della Festa del 25 Aprile al Mausoleo di Payneham ad Adelaide del presidente del Com.It.Es del South Australia Marco Quaglia, il quale riprendendo le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato l’importanza di tre date a cui “la Repubblica Italiana è strettamente legata. La prima è il 25 aprile 1945, giorno della liberazione dal fascismo. La seconda è il due giugno 1946, quando, con il referendum, il popolo italiano scelse la Repubblica alla Monarchia, e la terza il 1 gennaio 1948, quando entrò in vigore la nuova Costituzione italiana, dopo la promulgazione del 22 dicembre 1947”.
E ad attualizzare il significato della celebrazione, dimostrando un rispetto profondo per i valori fondanti della nostra democrazia e al tempo stesso sottolinenandone il loro essenziale significato oggi, è stato anche il viceconsole Antonio Accorso: “Siamo qui con commozione e rispetto – ha detto il funzionario – a fare ‘memoria’ di una data e di un passaggio storico che ha segnato l’inizio di una della vita democratica del nostro Paese. Le celebrazioni della Liberazione sono occasione per meditare tutti insieme sui valori fondanti della nostra Patria e sugli ideali condivisi da tutto il nostro popolo riconciliato con se stesso nel nome della Libertà dall’autoritarismo e dal concetto di potere basato sull’idea della sopraffazione, discriminazione razziale, di espansionismo aggressivo. Siano i giovani i custodi della Costituzione Italiana e dei suoi pilastri, perché non sia mai dato per scontato che la libertà, la tolleranza, il rispetto della persona umana siano traguardi ormai pacificamente raggiunti. Dobbiamo ricordarli a noi stessi e raccontarli alle nuove generazioni affinché li facciano propri, vivendo nella piena consapevolezza di ciò che è stato e non ripetendo i terribili errori del passato”
“Viva l’Italia, viva la Repubblica, viva la Resistenza!” ha concluso il presidente Marco Quaglia.
Evviva!
Luca M. Esposito