Con il titolo di vincolo estero inauguriamo una rubrica per affrontare il tema della riforma della circoscrizione estero a seguito del referendum sul taglio dei parlamentari, con Una serie di articoli per esplorare l’impatto degli espatriati sulla politica e società’ italiane.
In un recente articolo su questo blog Luca M. Esposito, mettendo in risalto il problema della ripartizione delle circoscrizioni estero in seguito al sostanziale taglio dei parlamentari approvato nel 2020, si è chiesto: ma se si va alle elezioni, per gli italiani all’estero che succede?
Condivido la preoccupazione di Luca per l’incertezza perdurante sulla distribuzione dei seggi esteri e sulla potenziale ulteriore perdita di rappresentatività democratica in un parlamento ridotto ai minimi termini. Tuttavia mi trovo in disaccordo sull’argomento che sia nocivo “eliminare direttamente le ripartizioni e considerare l’estero un unico enorme insieme elettorale dove i deputati e i senatori siano eletti semplicemente su base proporzionale”, come spiega in dettaglio Luca. Anche se questa ipotesi “significherebbe perdere la possibilità di avere nel Parlamento italiano un senatore e un deputato eletti in Australia”, non ritengo appropriato che il calcolo elettorale per così dire localistico debba essere la bussola per giudicare l’effettiva democraticità della futura ripartizione circoscrizionale. Anzi, ribatto che proprio un’unica circoscrizione globale che elegga gli 8 deputati e 4 senatori dell’estero su base proporzionale fornisca le migliori (seppur non ideali) garanzie possibili di garantire una più equa e solidale rappresentanza politica agli italiani all’estero.
Prima di tutto, per confutare l’argomento localistico, basta rilevare che, in un parlamento dai numeri molto ridotti, mantenere alcune circoscrizioni dove si eleggono un unico deputato e senatore (come nel caso Africa-Asia-Oceania-Antartide) avrebbe un effetto ulteriormente distorsivo della rappresentatività popolare, in quanto aumenterebbe sproporzionatamente il peso specifico dei loro sparuti elettori (potenziali e soprattutto effettivi) a scapito di quelli in tutte le altre circoscrizioni, in flagrante contraddizione del dettato costituzionale sull’eguaglianza dei voti. Inoltre, va considerato che la prossima riforma elettorale porterà probabilmente ad un ritorno al sistema proporzionale puro, rendendo un’ulteriore anomalia la presenza di circoscrizioni uninominali e pertanto sostanzialmente maggioritarie. Questo porterebbe ad una facilitazione delle distorsioni clientelari che purtroppo si possono verificare piuttosto agevolmente in alcune circoscrizioni estero ad opera di scaltri manipolatori delle strane dinamiche della politica italiana all’estero, dove si vota per corrispondenza senza poter fare comizi elettorali e le percentuali di voto non superano il 30 per cento. Pertanto, l’eliminazione di queste anomale circoscrizioni foriere di frodi elettorali e abusi clientelari sarebbe un risultato desiderabile a prescindere da qualsivoglia distribuzione geografica e metodo elettorale adottato in futuro in Italia, dal sistema uninominale maggioritario all’inglese al plurinominale proporzionale alla tedesca.
Inoltre, da un punto di vista socio-politico, aggiungerei che l’ipotesi di unica circoscrizione estero su base proporzionale comporterebbe ulteriori vantaggi, che elenco di seguito sommariamente, ma riservandomi di svilupparli ulteriormente in altri articoli nella speranza che si inneschi un costruttivo dibattito nella nostra comunità e oltre:
- Si evita la frammentazione geografica del peso politico degli italiani all’estero.
- Si unifica politicamente la categoria socio-economica di italiano all’estero.
- Si armonizza e si aggiorna l’identità comunitaria di italiano all’estero.
- Si cattura meglio il movimento laterale delle nuove generazioni di espatriati, i quali tendono sempre più frequentemente a cambiare sede di residenza estera, soprattutto nella fase iniziale della loro esperienza emigratoria.
- Si creano incentivi alla partecipazione politica dei giovani espatriati grazie alla maggiore identificabilità con il contesto elettorale italiano di provenienza rispetto a dinamiche localistiche cristallizzatesi intorno alle generazioni di espatriati di lungo corso.
- Si diluiscono i rischi di frode ed errore in emergenti sperimentazioni di nuove forme di voto con strumenti digitali, così favorendo un incremento della partecipazione al voto anche di coloro i quali si muovono circolarmente tra l’Italia e una o più sedi estere.
Su quest’ultimo punto, va aggiunto che la ridefinizione delle ripartizioni estero offre una storica opportunità di risolvere l’annoso problema delle deficienze conclamate del voto per corrispondenza. La terribile pandemia di Covid-19 almeno ha dimostrato che, volendo, si può fare quasi tutto accettabilmente per via informatica. E allora concludo lanciando un appello a chi di dovere: alle prossime elezioni, usateci come cavie per provare il voto elettronico. Se va bene, si taglierebbero i costi, semplificherebbero le operazioni burocratiche e aumenterebbe la partecipazione popolare. Se va male, non può andare tanto peggio del voto per corrispondenza. Provateci!