Mrs Jaynie Anderson è una delle personalità più importanti e riconosciute nella Storia dell’Arte dei nostri tempi. La sua dedizione e la sua profonda conoscenza della storia dell’arte del Rinascimento italiano in particolare l’hanno portata persino a ricevere, nel 2015, il cavalierato della Repubblica Italiana direttamente dalle mani del Capo dello Stato, per i suoi riconosciuti meriti nello studio dell’arte rinascimentale veneziana. Direttrice dell’Australian Institute dal 2008 al 2015, e dell’International Committee of Art History fi no al 2012, è stata Herald Chair of Fine Arts dal 1997 al 2014 e “visiting professorial fellow” presso il Getty Research Institute di Los Angeles, il Centre for Advanced Study in the Visual Arts di Washington e l’Harvard Centre for Renaissance Studies.
Oggi, ancora attiva, si dedica alla stesura di un testo molto interessante su un particolare personaggio del Risorgimento italiano, constatando con sorpresa quanto in fondo “tra Rinascimento e Risorgimento i contatti siano molti”. La storia d’Italia infatti, soprattutto quella delle città italiane, è tenuta assieme, come evidenziato da Carlo Cattaneo, da un unico filo che si srotola lungo i secoli e tiene tutto unito. Un’unità di cui oggi si rischia di perdere la percezione, per la progressiva mancanza di interesse negli studi umanistici.
Quali sono le prospettive future degli studi culturali e quali le diff erenze tra l’Australia e il resto del mondo? Chiediamo proprio a Jaynie, seduti ad un tavolinetto nella soff usa cornice della University House alla Melbourne. “Credo che per quanto riguardi le università australiane – ci dice Jaynie – , gli studi umanistici abbiano sempre avuto un approccio molto diverso rispetto all’Europa. Uno dei punti di forza qui, è stato quello di aff rontare gli studi umanistici in una prospettiva che guardasse al mondo del lavoro. Ma un’altra qualità dei nostri corsi è nell’insegnamento della Storia dell’Arte su una prospettiva che abbraccia l’intera produzione artistica, partendo dall’epoca medievale, ma arrivando sino all’arte digitale contemporanea”.
Ma per la sopravvivenza di questo tipo di studi è necessario anche un fi nanziamento da parte dei governi; quali sono in questo senso le attitudini dei diversi Paesi? “Il sistema tedesco è ad esempio veramente ammirabile, come quello francese, enormi fi nanziamenti e limitata burocrazia per accedervi. In Inghilterra, la situazione non è invece così positiva. In America, con l’avvento di Donald Trump immagino che i miei amici nei musei e nelle università siano un po’ preoccupati. Trump infatti non è certamente conosciuto per il suo amore verso cultura, né come collezionista di opere d’arte.
E per quanto riguarda Melbourne? All’Università di Melbourne invece, gli studi di cultura umanistica sono tenuti in grande considerazione, abbiamo ottimi fi nanziamenti e abbiamo sviluppato un importante settore dedicato alla ricerca. Al momento ad esempio abbiamo più di 70 studenti di dottorato in Storia dell’Arte. Purtroppo, ultimamente noto una certa ossessione per la contemporaneità, niente di male, ma per quella che è la mia esperienza non bisognerebbe mai tralasciare gli studi classici. Voi in Italia, ad esempio, avete una vastissima preparazione, che è dovuta anche allo studio dei classici, sin dalle scuole inferiori. Qui purtroppo non è così. Tale preparazione permette all’Italia di avere un’atmosfera culturale molto viva e interessante, che permea ampi strati della società, mentre in Australia il panorama, a parte rari esempi, è desolante. E’ un peccato, perché la vivacità culturale contribuisce a sviluppare all’interno della società una massa critica, un interesse che è fondamentale perché l’opinione pubblica comprenda la necessità di una crescita degli studi umanistici. Questo determina un aumento della qualità della nostra vita e anche di quella della società in cui viviamo”.
Luca M. Esposito
(Eureka, IL GLOBO, giovedì 2 febbraio 2017)