Il Governo cambia, ma il vizio di riformare la Costituzione e ridurre la rappresentanza dei cittadini italiani all’estero rimane lo stesso.
Dopo l’opposizione al Referendum Costituzionale voluto da Partito Democratico e dal suo capo Matteo Renzi nel 2016, fortunatamente respinto dal 60% dei cittadini italiani, ci ritoviamo ancora una volta davanti ad un governo che pensa di poter scardinare la Costituzione, intaccando alcuni dei principi e dei bilanciamenti istituzionali immaginati e disegnati dai Padri Costituenti.
La Legge di Riforma Costituzionale che riduce il numero dei Parlamentari, approvata prima al Senato e qualche giorno fa a Montecitorio, vorrebbe diminuire il numero dei membri della Camera da 630 a 400 e quelli di Palazzo Madama da 315 a 200. Tale cambiamento intaccherebbe ovviamente anche la rappresentanza estera, che così si vedrebbe tagliare almeno 6 dei suoi parlamentari.
Sebbene non ci sia nemmeno paragone con lo scempio pericoloso della Carta immaginato dal governo Renzi del 2016, perché in questo caso le modifi che, limitate e chirurgiche, andrebbero a toccare solo gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, anche stavolta a subire un ingiustizia pesante sarebbe però il diritto di rappresentanza in generale e quello degli italiani all’estero in particolare, già di per sé articolato in un sistema molto limitante. Mentre nel 2016 però le forze che ora sono al governo, M5s e Lega, si sono opposte alla Riforma voluta dal Pd e sono riuscite, grazie alle tante associazioni che quella volta si sono schierate a difesa della Costituzione, a fermare quel disastro, stavolta coloro che vogliono tutelare la Carta si trovano purtroppo davvero soli.
Il Partito Democratico infatti, pur opponendosi alla modifica portata avanti dal governo, torna a proporre, al posto del taglio dei parlamentari, l’abolizione del Senato elettivo, come se il voto popolare del 2016 fosse carta straccia e con il risultato che i rappresentanti degli italiani all’estero subirebbero esattamente lo stesso taglio, 6 parlamentari in meno, immaginato da Lega e 5 Stelle. In una recente intervista su questo giornale, il deputato del Pd Ettore Rosato ha provato a spiegare che nell’idea del suo partito una sorta di rappresentanza estera sarebbe comunque contemplata in questo ipotetico Senato delle Regioni, ma non ha precisato, dato che non si prevede una elezione democratica dei rappresentanti, in che modo questi verranno scelti. Un’idea che appare pertanto ad oggi un po’ campata in aria. Se non altro però, il voto contrario di alcune opposizioni in Parlamento (oltre al Pd anche Liberi e Uguali), potrebbe almeno impedire alla riforma della Costituzione di raggiungere l’approvazione con i due terzi del Parlamento e questo darebbe la possibilità di istituire un nuovo referendum popolare, con il quale anche noi cittadini italiani all’estero potremmo far sentire la nostra voce.
Se tale circostanza si realizzasse, e come già accaduto nel 2016, Nomit sarebbe pronta a difendere nuovamente la nostra Costituzione. Non solo per mantenere intatta la nostra rappresentanza parlamentare, un diritto che riteniamo comunque sia importante tutelare, soprattutto in un momento in cui il numero dei cittadini italiani all’estero è aumentato in modo esponenziale in tutte le ripartizioni elettorali, ma anche perché ci riconosciamo pienamente in quanto scritto recentemente dal vicepresidente del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Alfiero Grandi. “La riduzione del numero dei parlamentari attualmente in discussione – scrive Grandi – ha motivazioni solo di risparmio, senza alcun riguardo al ruolo che il parlamento deve svolgere. Questa modifica della Costituzione – continua il costituzionalista – può essere l’inizio di un cambio preoccupante della democrazia nel nostro paese, delle sue regole, della sua capacità di composizione dei conflitti”.
Ma non solo, anche in questo caso, l’attacco alla Costituzione si configura ancora una volta come un attacco al valore del Parlamento in quanto organo centrale della nostra Repubblica. Infatti, continua Grandi, “scelte verticistiche nelle candidature prima delle elezioni grazie ad una legge elettorale (che porta il nome proprio del deputato Pd Ettore Rosato, ndr) che esalta il ruolo dei capi nelle scelte e ora la richiesta a raffica di voti di fiducia e le minacce ai dissidenti, stanno ribaltando il rapporto tra governo e parlamento”. Un governo che dovrebbe essere l’esecutore della volontà del Parlamento, ma che invece ormai ha preso il sopravvento, riducendo Camera e Senato a meri passacarte della volontà della maggioranza. “Il sale della nostra democrazia rappresentantiva” risiede invece proprio nell’autonomia del Parlamento, che deve il più possibile essere espressione dell’intera cittadinanza, dentro e fuori i confini nazionali.
Sono questi i valori messi in pericolo dalla riforma che, in un eventuale referendum, saremo chiamati a difendere.
Luca M. Esposito
(IL GLOBO, Eureka, giovedì 16 maggio 2019)