Castro in tre case cubane

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Dopo la morte di Castro, mi sono ricordato di avere una copia del Granma, il quotidiano ufficiale di Cuba, del 6 giugno 2012. Sfogliandolo, mi balza subito all’occhio la differenza tra i “nostri” quotidiani e quello Cubano: la priorita’ delle notizie.Il granma di quel giorno apre con la condanna di Cuba verso le torture di 850 persone in Spagna e 94 atleti cubani classificatisi per le olimpiadi. Prosegue sulla nomina di Ricardo Zuniga come consigliere per l’America Latina nell’amministrazione Obama, passando per la promozione e difesa del castigliano.

Quando ho visitato Cuba la prima immagine associata all’isola socialista non era quella di Castro, ma del Che. La sua faccia fiera e stilizzata  il benvenuto sin dalla Plaza de la Revolucion.

Ho cambiato alcuni dollari statunitensi in pesos, non in quelli convertibili. Volevo che la mia esperienza potesse essere la più autentica possibile. Cosi, senza i peso “turistici” devo frequentare i posti per cubani. O cosi pensavo.

Mentre ero in fila per comprare un panino all’uovo, nei piccoli bar allestiti all’esterno di abitazioni, alcuni ventenni, vestiti come rapper americani, si facevano i complimenti a vicenda sul bel paio di scarpe che indossavano, ironizzando su quanti soldi potrebbero guadagnare, se fossero in Florida.

Il mio primo incontro con l’idea distorta del capitalismo. E non fu l’unico.

La seconda distorsione è arrivata quando ho affittato una stanza in una casa particulare (abitazioni private che fungono da affittacamere o, se non potete fare a meno dell’inglese, bed &breakfast) nelle vicinanze di Varadero. Il proprietario si sentiva un piccolo imprenditore “come quelli in Inghilterra”, cosi mi dice. Mi raccontava che lui lavora di più grazie ai turisti, come me, a cui affitta le stanze. “Lavoro tanto, guadagno tanto, ma ci sono ancora delle restrizioni, se fosse tutto liberalizzato come da voi, allora sarei ricco”. Quindi, deduco che, in questo paese del socialismo reale, il capitolo diciassettesimo del Primo Libro de Il Capitale non sia stato letto. D’altronde Castro ammetteva di non aver letto molte pagine di Marx.

Per avere una idea più completa, dovevo vedere anche la parte turistica di Cuba, la spiaggia di Varadero. Senza parole. Tuttavia, a est, fuori dagli ultimi complessi turistici, vi è la Cueva Ambrosio, una caverna con reperti archeologici pre-colombiani. Si possono ammirare le pitture rupestri dei “primi” nativi presenti in questo sito ben conservato. La grotta è profonda 300 metri, era il rifugio degli schiavi in fuga e un antico luogo di culto delle popolazioni locali. Una guida, esperta e entusiasta, vi aspetta all’entrata per darvi spiegazioni in merito e fornirvi di casco e torcia per meglio scovare i pittogrammi.

Inoltre, a circa 100 metri dall’Hotel Cuatro Palmas, quasi nascosto, vi è il Museo di Varadero: una grande casa colonica, una delle prime dell’era post-Batista, in cui si trovano reperti storici della Revolucion (da questa città è iniziato il processo di alfabetizzazione di Cuba) e le ricostruzioni di alcuni esemplari marini e non che abitano le acque circostanti, come il celeberrimo pesce a due teste.

 

Da Matanzas, la provincia che racchiude Varadero, si possono prenotare escursioni della durata di circa 8 ore alla Penisola di Zapata, nella parte meridionale dell’isola. Una gita da non perdere. Il primo luogo interessante è il paesino nominato Australia in cui, oltre al museo dedicato alla battaglia nella Baia dei Porci, in cui il comandante Castro e i suoi hanno dato filo da torcere agli americani, vi è la possibilità di assistere alla raccolta della frutta come ananas, platani e gustare il “succo di zucchero”, ricavato direttamente dalla omonima canna.

In un’altra casa, a Santa Clara, città determinante per la rivoluzione, mi è rimasta impressa una frase del padrone “Fidel è come un nonnino, non si può toccare niente senza che lui sia d’accordo, però qui non c’è delinquenza e non abbiamo armi”. Un punto di vista più obbiettivo e critico.

A questo punto, era circa una settimana di pane e uovo e poco più, ma con molte opportunità di chiacchierare con i cubani. Volevo usare internet per controllare solo le email. Troppo costoso, cosi lascio perdere. E ci guadagno in salute.

Era bello girare per le strade di Cuba senza inciampare nel solito scemo che guarda facebook sul telefonino. Niente zombie tecnologici e solitari.

Altra casa, altra esperienza. In quella di Cienfuegos mi sono sentito male. Ho bevuto un succo fresco per la strada e non dovevo farlo. Cosi, il proprietario ha chiamato subito il medico. Arrivato in circa 10 minuti. Mi ha visitato, dandomi alcuni medicinali. Quando ho chiesto di pagare per le medicine e il suo intervento, mi ha risposto “sei a Cuba, non ti preoccupare”. Prima e ultima volta nella mia vita.

Visitavo anche una fabbrica di sigari e la scena che si è presentata ai miei occhi era stupenda e affascinante: gli operai erano in pausa e tutti, dico tutti, stavano leggendo il giornale o un libro, scambiandosi opinioni a riguardo. E non avevano tra le mani la Gazzetta dello Sport.

In un bar di Santiago, un anziano, senza nemmeno che io lo chiedessi, ma annusando la mia curiosità, proclamava: “Non ci sono bambini che dormono per le strade qui, la malnutrizione infantile non esiste come nel resto dell’America Latina, abbiamo inviato circa 800 medici in Africa per aiutare le popolazioni locali, abbiamo sviluppato quattro vaccini contro il cancro, il nostro sistema sanitario è un esempio nel mondo e il 50% del bilancio nazionale è destinato ai servizi sociali.” In un secondo momento, verifico le sue parole. E’ tutto vero. 

Inoltre, scopro che è il primo Paese al mondo ad eliminare la trasmissione madre-figlio dell’HIV, ha uno dei piu’ alti indici di sviluppo umano del pianeta ed è il paese che più contribuisce con il prodotto interno lordo al settore educativo. Nonostante l’embargo americano.

Stavo per lasciare l’isola, pieno di dubbi e certezze. Mentre aspettavo l’autobus per andare verso l’aeroporto, Un quarantenne si avvicina. Voleva vendermi delle banconote con la faccia di Guevara. Ho sorriso, facendoli notare che erano le stesse in circolazione. La sua risposta, più attuale che mai:” e allora? Credimi, quando Fidel muore, con queste diventerai ricco!”

Matteo Preabianca

(Agoràvox, martedì 29 novembre 2016)