E adesso il lavoro

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Quando ci siamo ritrovati a scrivere il progetto “MANO”, con il quale abbiamo raffinato la distribuzione degli aiuti raccolti durante la maratona radio del lunedì di pasquetta, avevamo tanti interrogativi ma una sola, chiara, consapevolezza che vale un esclamativo: bisogna ripensare tutto!

Ed è così che abbiamo ripensato il concetto di “mutuo”. Nulla di nuovo, in verità tutto il contrario, in quanto non abbiamo fatto altro che re-installare una versione obsoleta, ottocentesca addirittura, della definizione di quella parola che oggi (anzi, fatecelo dire: ieri!) faceva paura e rimandava alla mente l’idea di obbligazioni, il peso dell’interesse (sempre e solo) degli altri.

 

Qualcuno direbbe che abbiamo recuperato il “valore sociale” del prestito, noi non sappiamo ancora se stiamo riuscendo a realizzare tanto ma, se così fosse, il prossimo passo è fare lo stesso con il concetto di lavoro, almeno nella nostra comunità di riferimento che è quella degli italiani in Australia.

Parlare di lavoro come valore sociale però è complicato, vero, ma sia chiaro: è molto meno complicato di mantenersi dovendo sottostare alle “work limitations” dello Student Visa o di lavorare 88 giorni in farm per ottenere l’estensione del Working Holiday Visa, quindi se siamo riusciti in questo, possiamo anche riuscire a immaginare di far sposare la parola “Imprenditore” con la parola “Sociale”. O almeno fargli fare un De Facto.

Innanzitutto, perché il lavoro si confermi come un valore sociale, è necessario avere una comunità che impegni tutte le proprie risorse, per generare beni e servizi ad agio del benessere della comunità stessa. In questo particolare momento storico, dirigere i propri sforzi imprenditoriali verso l’obiettivo della mera riduzione dei costi è semplicemente inefficace.

Ripristinare il valore sociale del lavoro vuol dire immaginare come compito principale della comunità quello di far fronte ai bisogni di tutti i suoi componenti e migliorarne, nella maniera più incisiva possibile la vita, e favorire così la “ri-partenza collettiva”. 

L’abbiamo sparata grossa? Siamo solo degli inguaribili romantici?
Ma questa non è mica un’idea nostra!

Questo è quello che ci hanno insegnato le persone che stiamo aiutando grazie ai fondi raccolti insieme alla comunità di italiani d’Australia, con la quale oggi vogliamo condividere questa ricchezza.

La ricchezza, è quella generata da chiunque pensa e dica cose del tipo “mi hanno ridotto le ore di lavoro, ma posso ancora fare la spesa per me e il mio ragazzo che invece non lavora piu”, o ancora “i miei coinquilini sono disoccupati, sto aiutandoli e pagando l’affitto anche per loro” o addirittura “vi ho contattato solo per ringraziarvi dell’iniziativa, ho ancora quasi 1000 dollari sul conto, non aiutate me per ora, aiutate un altro”.

Ecco.

Non sono economisti persi nello studio di teorie utopistiche ma lavoratori della nostra stessa comunità che ci ispirano a fare un appello a tutti quegli imprenditori che hanno ancora “quasi 1000 dollari sul conto”, ad aiutare qualcun altro.

Ora però, anche se questa non è una teoria economica, ci serve una definizione: cosa significa “aiuto”?

Ancora una volta ci vengono in soccorso le nostre amiche e i nostri amici a cui stiamo dando una MANO e molti contributi lampo.

Come è vero che nessun pizzaiolo, nel momento in cui sforna una pizza dietro un regolare corrispettivo economico, si sta prodigando in un atto caritatevole verso il prossimo, è altrettanto vero che un imprenditore non sta aiutando nessuno nel momento in cui crea un impiego. Entrambi stanno semplicemente facendo il loro lavoro.

Se entrambe queste figure però, volessero aggiungere un quid sociale alla loro attività lavorativa, dovrebbero fare qualcosa in piu. Sì perché chiunque genera un guadagno su una qualsiasi attività economica dovrebbe interrogarsi sulla catena di reazioni sociali che ha innescato per far sì che il proprio lavoro abbia un pieno valore sociale. Solo così è possibile costruire una comunità dove l’alchimia tra le aziende e i lavoratori, produca valore nel senso più ampio del termine.

In più ora molti lavoratori della comunità di italiani d’Australia sono rimasti disoccupati, ma implementando la logica di fondo della trasformazione del veleno (un aumento eccezionale della disoccupazione) in medicina, si potrebbero re-impiegare le persone in lavori utili alla nostra comunità, per come si presenta in questo particolare momento emergenziale, magari rinunciando alla classica massimizzazione del guadagno ad agio in una redistribuzione più partecipata dei profitti.

Come? Ancora non lo sappiamo, ma una cosa la sappiamo: bisogna ripensare tutto e continueremo a farlo. Ora abbiamo anche per maestri tanti lavoratori della nostra comunità a cui nel frattempo, continueremo a dare una MANO, mentre aspettiamo che arrivino consigli anche dalle nostre amiche e amici imprenditori sociali.

 

Per cercare esempi e modelli pratici:

https://www.coopdevelopment.org.au/cselinks.html

http://www.civilsociety.org.au/SECM.htm

 

Per approfondire i concetti: 

https://theconversation.com/co-operatives-and-social-enterprise-are-they-a-replacement-for-mainstream-capitalism-10520

 

Buon Primo Maggio!

 

(Photo by Marco Filippelli on Flikr)

Articolo scritto da

Fabrizio Venturini

Fabrizio Venturini

Fabrizio Venturini non c’è quando, nel 1810, Canova pone l’Italia turrita a piangere sulla tomba di Vittorio Alfieri. Non vede fondare la Prima Repubblica Romana né partecipa ai moti del ’48. Quando Giovanni Pascoli scrive l’Ode al Corbezzolo, individuando in Pallante il primo eroe italiano, di lui non c’è nozione. Non si ha traccia della sua reazione a caldo all’approvazione del testo di legge n. 4671 del 17 marzo 1861 del Regno di Sardegna, con il quale Vittorio Emanuele II diviene Re d’Italia; conseguentemente, Fabrizio il 20 settembre del 1870, non entra a Roma dalla breccia di Porta Pia. Il 2 giugno del 1946, non ancora oggetto di capacità di giuridica, non vota né monarchia né quella repubblica in cui si ritroverà anni dopo. Il 29 novembre 1986, nasce a Roma diventando, come i suoi connazionali, custode della storia di cui sopra e di tutto ciò che c’è intorno.

Nel giugno del 2014 si trasferisce a Melbourne dove, alla ricerca di qualcuno con cui vedere La Trattativa della Guzzanti, trova NOMIT. Poco meno di un anno dopo, viene eletto membro del Board e oggi è PresidenteOggi, potete trovarlo in St. Kilda Road, allo sportello Welcome, pronto ad ascoltare le vostre di storie.