Elezioni americane e referendum. I nostri principi come unica àncora di salvezza.

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Le elezioni americane hanno gettato nello sconcerto l’opinione pubblica mondiale e, come prima di loro la Brexit, hanno mostrato che la maggioranza della popolazione, negli Stati dove queste votazioni hanno avuto luogo, non ha più fiducia nella propria classe dirigente. Certo, tutto questo, come ogni cambiamento, da una parte porta con se molte paure, prima fra tutte quella dell’ignoto scenario che un mutato contesto internazionale rappresenta, ma dall’altra apre la strada ad una lunga serie di riflessioni, di cui per altro sono pieni i media mondiali in questi giorni.

Cosa c’entra tutto questo con il Referendum Costituzionale del 4 dicembre? C’entra. Perché ciò a cui si sta assistendo è una reazione della maggioranza della popolazione all’incapacità della classe dirigente occidentale, nonostante l’appoggio incondizionato della quasi totalità dei media, a mantenere viva la propria credibilità. I popoli dei paesi occidentali stanno dunque manifestando un forte dissenso, purtroppo inascoltato, che potrebbe divenire per questo preda di coloro che sanno approfittarne. Ciò che potrebbe essere realmente temibile quindi, di fronte ad uno scenario del genere, è che la forza della protesta non venga incanalata verso un passaggio ad una democrazia maggiormente partecipata dal popolo stesso, ma anzi, diventi preda di demagoghi della stessa risma di coloro che li hanno preceduti, sostenuti dagli stessi sistemi economico-finanziari, ma che semplicemente sanno meglio interpretare, a parole, il senso di repulsione verso la classe politica attuale. Se ciò accadesse, la volontà popolare di ribellione, invece che innescare un processo positivo, porterebbe invece ad una realtà in qualche modo ancora peggiore di quella presente.

La speranza è invece che, in questo contesto,  la reazione dei cittadini e la forza della democrazia, siano allo stesso tempo energiche e reponsabili. Una responsabilità che li porti a riflettere sui cambiamenti in atto e, lungi dal gettarsi in avanti verso un incerto futuro, si arrestino, volgendo lo sguardo al proprio passato e cercando di recuperare quei valori e quei principi che, decenni di gestione irresponsabile della res publica, hanno coperto con gli interessi privati di chi è riuscito, senza scrupoli, ad approfittarne. A questo punto, di fronte alle parole dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, fautore principale della riforma della nostra Costituzione, – che ha affermato come “la vittoria di Trump sia fra gli eventi più sconvolgenti della storia della democrazia europea e americana, e del suffragio universale che non è sempre stata una storia di avanzamento… ma anche foriero di grandissime conseguenze negative per il mondo” – ognuno di noi ha il dovere di interrogarsi su come sia percepita la democrazia da coloro che vorrebbero mettere le mani sulla Carta fondamentale della nostra Repubblica.

Nonostante le gravissime parole di Napolitano, il nostro diritto di libera espressione di voto, conquistato con il sangue e il sacrificio di molti, è ancora valido, e tocca a noi, con il referendum del 4 dicembre, difenderlo e preservarlo. Il rancore e i timori espressi da Giorgio Napolitano riflettono infatti il comune sentire di coloro che, lungi dall’intendere quanto proprio ora sia necessario ristabilire con forza quei valori e quei principi posti a fondamenta e guardia delle nostre libertà dai padri costituenti, vorrebbero stringere ancora di più la propria morsa sullo Stato e condurlo verso un futuro oscuro e temibile.

 

Luca M. Esposito