Si possono anche usare fiumi di parole per lamentarsi di ciò che non funziona negli organismi di rappresentanza della nostra comunità. Si può persino puntare il dito sullo Stato italiano, sulla Farnesina, sulla politica, sui partiti, sulla burocrazia, sulle risorse, sulle leggi inadeguate. Addirittura si possono mettere in fila, in un elenco infinito, tutti i buoni propositi regolarmente disattesi nel corso degli anni. Ma poco o nulla cambierà. E il motivo è molto semplice: le nostre rappresentanze sono fatte di persone e per attendersi un miglioramento, è essenziale che all’interno di esse ci siano persone valide e capaci.
Persino nel caso che sia davvero necessaria una loro radicale riforma, come è opinione comune, questa sarà impossibile da attuare se le persone che la proporranno non saranno in grado di sostenere quell’esigenza con preparazione e credibilità. Organismi come il Comites sono infatti solo degli strumenti, dei mezzi, che la nostra comunità ha a disposizione per confrontarsi con i problemi che sorgono all’interno di essa, per affrontare i cambiamenti e trovare ogni volta il modo migliore per uscirne più forte.
E’ meglio dunque diffidare di chi sostiene che non funzionino e che tanto vale abolirli se non possono essere cambiati, perché se il meccanismo si inceppa, se lo strumento a nostra disposizione non è efficace, difficilmente è colpa dello strumento in sé, ma molto più probabilmente di chi quello strumento dovrebbe farlo funzionare. Prima di puntare il dito sugli organismi di rappresentanza e sulle loro carenze, sulle leggi, sui finanziamenti inadeguati, sarebbe dunque utile fare autocritica e fermarsi ad ascoltare i suggerimenti che arrivano dalla comunità. Per questo servirebbe non solo una grande apertura mentale, riconoscendo i grandi cambiamenti in atto, ma a quei cambiamenti bisognerebbe esserci dentro, avere la preparazione e lo spessore umano per capirli, esprimere la volontà di aprirsi alle nuove istanze.
Essenziale sarebbe anche essere capaci di fare un enorme lavoro di comunicazione e trasparenza, essere presenti e visibili sul territorio e in rete, lavorare perché l’istituzione che rappresenta la nostra comunità diventi il primo luogo di accoglienza e di integrazione, soprattutto per i più vulnerabli e bisognosi. Perché se una comunità non è capace di difendere i suoi membri più deboli, allora non può dirsi davvero comunità.
Che le persone scelte per rappresentarci siano capaci di tutto questo sarà dunque fondamentale e la responsabilità più grande perché ciò avvenga è di ognuno noi. Di noi che di quella comunità facciamo parte e troppo spesso l’abbiamo guardata con indifferenza, magari pensando che le sue istituzioni e le sue rappresentanze non servissero a nulla. A noi toccherà infatti nei prossimi mesi scegliere le persone che dovranno guidarle. E se ancora una volta sceglieremo di non partecipare, se ancora una volta mostreremo indifferenza, allora sarà anche nostra la responsabilità se all’interno di organismi come il Comites non ci saranno personalità adeguate e risulteranno poco efficaci.
Per questo la cosa più importante e la prima vera vittoria per la nostra comunità sarà fare sì che più persone possibili partecipino a questa votazione, nonostante le difficoltà che la nostra città sta vivendo in questi tempi. Anzi, a maggior ragione per quelle, perché proprio le emergenze di questi anni ci hanno insegnato quanto alla nostra comunità serva una voce autorevole, chiara e che raggiunga tutti.
Per farlo, per esprimere il vostro voto, vi basterà richiedere di essere iscritti alle liste elettorali per l’elezione dei Comites, seguendo le indicazioni sul sito del Consolato Generale d’Italia a Melbourne. Ci vuole un attimo, ma è un grande gesto per la nostra comunità.