Come ogni anno il Work in Progress è stato, prima di ogni altra cosa, un momento di riflessione. Una riflessione che credo sempre più necessaria, riguardante le condizioni di quel popolo che Peter Mares, nel suo intervento dell’anno scorso, chiamava i “nuovi meteci”, i “ not-quite-Australian”. Un popolo ingiustamente sottorappresentato ma che, grazie a persone come Gabrielle Marchetti di Job Watch e Jess Browning di Hospo Voice, entrambe intervenute martedì sera, ha modo di far sentire la sua voce. Un popolo che per quanto si voglia invisibile, non solo si manifesta ma diventa caso di studio e di ricerca, grazie a persone come Anthony Forsyth, che il 1° maggio ha presentato i risultati dell’inchiesta cui ha lavorato, e Bassina Farbenblum, che da Sydney ci ha illustrato i risultati della sua ricerca, “Wage Theft in Australia: Finding of the National Temporary Migrant Work Survey”. Un popolo, che grazie al Work in Progress di Nomit, ogni anno si incontra, si confronta, si conta.
Fabrizio Venturini
(IL GLOBO, Eureka, 3 maggio 2018)