Il momento che sta vivendo il patrimonio storico-artistico italiano è estremamente delicato e complesso. Attorno al dovere della sua tutela e alla modalità della sua valorizzazione sta sorgendo un aspro dibattito che vede da un lato, la classe politica italiana, soprattutto quella che fa capo al governo, e dall’altro, molti elementi autorevoli del mondo della cultura e dell’università. Lo scontro tra queste due realtà, sempre più distanti, ha varie prospettive, che non si fermano solo all’idea di gestione del patrimonio culturale, ma spaziano sull’intero arco delle scelte politiche del governo Renzi. Dal decreto Sblocca Italia, alla Buona Scuola, dalla riforma Franceschini, per finire soprattutto alla Riforma della Costituzione, diverse criticità sono state espresse con forza dalla società civile e dal mondo della cultura, anche durante la manifestazione “Emergenza Cultura” svoltasi a Roma lo scorso 7 maggio. L’acredine per questa opposizione si è potuta ascoltare anche nelle parole che, il Presidente del Consiglio, ha riservato ai suoi contestatori durante la riunione della Direzione del Pd, definendoli “archeologi travestiti da costituzionalisti” che avrebbero scambiato la Costituzione per il “codice di Hammurabi”. Ma, nonostante le cadute di stile del premier, sul Patrimonio culturale e la sua tutela la posta in gioco è molto alta, perché, oltre all’impatto mediatico che le bellezze culturali hanno e di cui la politica si serve, in ballo è anche il loro inestimabile valore, sul quale, da una parte la politica, dall’altra moltissimi privati, hanno da tempo messo gli occhi. Dopo decenni di tagli, il governo si vanta di aver ricominciato ad investire sulla cutura e sulla valorizzazione del patrimonio, non solo tramite fondi pubblici, ma anche con l’apertura, appunto, verso gli investimenti privati. Per fare questo, tuttavia, contestano dal mondo della cultura, da una parte, si allentano le tutele, vedi lo Sblocca Italia e la riforma delle Sovrintendenze, dall’altra, i finanziamenti vengono dati in modo mirato solo ai siti più importanti o che hanno un appeal mediatico utile alla classe politica e vengono invece trascurati siti di grande valore culturale, che invece, cadono a pezzi perché abbandonati. In questo contesto, la visita del Presidente Mattarella a Pompei e anche l’inaugurazione della mostra dello scultore Mitoraj nel famoso sito archeologico insieme al ministro Franceschini, allo stesso Renzi e al presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, si inseriscono appunto in questo quadro. Supisce oltremodo quindi, il discorso del Presidente della Repubblica, che a Pompei, invece di mantenersi al di sopra di questo dibattito, ha decisamente preso le parti del governo, dichiarando che “Gli investimenti che si fanno nella cultura non sono solo un dovere di qualità della vita sociale ma provocano ricaduta di crescita economica. Il nostro Paese ha il patrimonio artistico e culturale più grande del mondo. C’è esigenza non solo di conservare questo patrimonio ma anche di valorizzarlo ed è un nostro dovere farlo, sia nei confronti della nostra storia che del nostro futuro”. Eppure, l’articolo 9 della Costituzione parla solo di dovere della tutela, come fanno notare dal mondo della cultura, non di quello di valorizzazione, perché valorizzazione è una parola pericolosa e bisogna fare molta attenzione al modo in cui la si intende. La mostra di Mitoraj a Pompei, un sogno dello scomparso scultore, si iscrive infatti nella cosiddetta “valorizzazione” di un sito, che con quasi 3 milioni di visitatori l’anno, non sembra aver bisogno di pubblicità, cosa che servirebbe invece a tantissimi altri luoghi, ma di cure. A questo proposito il ministro Franceschini si batte il petto e risponde “La giornata di oggi conferma la rinascita di Pompei. Oggi ci sono 43 cantieri completati e 27 in corso”. Purtroppo, tra questi cantieri, che fanno parte del “Grande Progetto Pompei”, quello della Casa del Marinaio è stato sottoposto ad un’indagine dell’antimafia, perché, come detto giustamente da Mattarella, il patrimonio italiano ha un valore inestimabile, ma bisogna stare molto attenti a chi lo si fa “valorizzare”.
LME
(IL GLOBO, 16 maggio 2016)