Importanti inchieste giornalistiche, indagini commissionate direttamente dal Senato federale, ricerche accademiche. La questione dei temporary workers in Australia, tra cui spicca anche un discreto numero di italiani, è sempre più sotto i riflettori dell’opinione pubblica.
La reale situazione di un enorme numero di lavoratori temporanei sembra però essere stata sottovalutata negli ultimi anni dalle maggiori autorità, creando una specie di sottobosco nel mondo del lavoro che inevitabilmente rischia di andare ad intaccare l’intero sistema.
E’ questa una delle preoccupazioni, oltre a quella dello sfruttamento, che ha portato una serie di ricercatori ed esperti delle università australiane ad incontrarsi per discutere e analizzare più da vicino questo fenomeno, condividendo le proprie esperienze e i percorsi delle proprie ricerche.
L’importanza dell’opinione pubblica nel dibattito
L’International and Comparative Perspectives on Australian Labour Migration’ Workshop, che ha avuto luogo sul finire di luglio, è stata promossa dal professor Joo-Cheong Tham come uno spazio di confronto interdisciplinare sul tema e ha visto la partecipazione di due tra i più brillanti studiosi italiani presenti a Melbourne, la ricercatrice della Melbourne Law School Maria Azzurra Tranfaglia e il professor Giovanni Di Lieto della Monash University.
Entrambi hanno contribuito alla discussione evidenziando le particolarità del proprio ambito di ricerca. Ma mentre Giovanni Di Lieto si è occupato di analizzare la questione a più ampio raggio, concentrando l’attenzione su quali siano le migliori soluzioni per affrontare il problema della gestione dei lavoratori in un mercato a trazione sempre più transnazionale, Maria Azzurra Tranfaglia ha focalizzato il suo intervento sui migranti temporanei provenienti dall’Italia, per scoprire quali siano le loro aspettative rispetto alla reale situazione australiana. Nell’ottica di creare una discussione più interessante sull’esperienza italiana in particolare, gli organizzatori del workshop hanno inserito l’intervento di Maria Azzurra Tranfaglia subito dopo la presentazione del sondaggio di opinione elaborato da Michele Grigoletti e Silvia Pianelli di ‘Australia sola andata’, pubblicato dalla Associazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana, dal titolo ‘Giovani Italiani in Australia: Un viaggio da temporaneo a permanente’.
Il materiale prodotto da ‘Australia sola andata’, guardato con interesse dal giornalista, scrittore e research fellow presso la Swinburne University, Peter Mares, uno dei più attivi osservatori del problema della carenza di diritti e tutele per coloro che lavorano in Australia con visti precari, dirige la propria attenzione su un passaggio graduale della migrazione italiana da temporanea a permanente attraverso dei percorsi obbligati, lasciati colpevolmente scoperti dalla normativa governativa. In questo senso, i due autori spingono la loro osservazione a evidenziare il crescente carattere stabile della nuova emigrazione italiana, supportando la loro visione con la lettura delle statistiche fornite dal Dipartimento dell’Immigrazione australiano. Ma nella prospettiva di risiedere in Australia in modo permanente, che secondo ‘Australia sola andata’ è l’obiettivo dei giovani italiani, i migranti devono affrontare un lungo percorso come ‘temporanei’ che li porta ad utilizzare in un primo momento il visto working holiday visa e quindi a passare al visto studente, in un cammino che, secondo i due autori, li porterà ad ottenere la residenza.
Permanenza: più che il lavoro, diventa determinante il fattore emotivo
La casistica analizzata dal lavoro pubblicato da Migrantes dedica solo un breve accenno ai problemi delle condizioni di lavoro dei migranti temporanei, questione anche strettamente legata alle reali intenzioni e le aspettative dei giovani italiani approdati in Australia. Proprio su questo punto si è soffermato il successivo intervento di Maria Azzurra Tranfaglia, la quale, non negando un incremento avvenuto negli ultimi anni di una migrazione giovanile italiana con intenzioni di permanenza, ha concentrato la propria attenzione su quelle che sono le reali prospettive nel mondo del lavoro per i temporary workers. Un tema, questo, che occupa anche una parte importante nella ricerca, in via di pubblicazione, del professor Bruno Mascitelli della Swinburne University e del ricercatore Riccardo Armillei della Deakin University, i quali purtroppo non erano presenti durante il workshop, ma che avrebbero potuto dare maggiore risalto a questo elemento determinante nell’esperienza migratoria dei giovani ragazzi italiani.
L’analisi di Azzurra Tranfaglia, condotta con l’aiuto e il supporto del professor Iain Campbell dell’RMIT University, comincia proprio con l’osservare la reale intenzione della nuova immigrazione, ossia di allontanarsi dalla situazione di precarietà del lavoro presente nel sistema italiano per raggiungere quella che è descritta, dai media, come la terra delle opportunità facili e del lavoro stabile. Giunti in Australia, però, la reale situazione è ben diversa e all’iniziale spaesamento, fa seguito il tentativo di confrontarsi con un mercato del lavoro australiano che, per un lavoratore con visto temporaneo, si presenta comunque precario e facilmente soggetto al pericolo dello sfruttamento. Sono molti i motivi che spingono alcuni dei giovani italiani a tenere duro in questo contesto. Innanzitutto esigenze pratiche di sopravvivenza, abbinate però a fattori emotivi determinanti, che risultano essere molto più forti e presenti rispetto alle attitudini personali sviluppate in Italia.
L’esperienza australiana, nelle sue difficoltà, riesce infatti in molti casi a tirare fuori un senso di orgoglio che alimenta una tenacia e una predisposizione positiva anche verso le difficoltà. Mentre in Italia, ad esempio, l’idea della mancanza di meritocrazia, della difficoltà nel trovare lavoro o della presenza di una forte ingiustizia sociale ha limitato, in molti casi sul nascere, l’intraprendenza, in Australia risulta quasi il contrario, e anche in presenza di situazioni di sfruttamento o di carenza di lavoro, gli sforzi per superare gli ostacoli si raddoppiano invece che diminuire.
Politiche mirate e corretta informazione
Per concludere, anche se l’Australia offre sicuramente molte opportunità, le occasioni che si presentano al lavoratore temporaneo italiano sono molto limitate e ristrette. Questo porta l’esperienza dei migranti temporanei italiani a essere vissuta inizialmente come un vortice misto di entusiasmo e voglia di libertà, ma che si trasforma poi, con il tempo, in una lotta per la propria affermazione, condita da investimenti personali e finanziari così importanti da spingere i ragazzi a vedere la ricerca della permanenza come un obiettivo a cui sacrificare la propria passione e il proprio impegno.
In molti si rendono conto dei limiti di questa situazione e decidono, chi prima o chi poi, di intraprendere altre strade. Alcuni, per le ragioni più disparate, molto spesso personali e non più legate alle motivazioni con cui erano partiti, rimagono aggrappati al percorso ormai intrapreso, ma pochi trovano una vera realizzazione del loro impegno. E’ fondamentale, quindi, che l’attenzione delle ricerche, delle pubblicazioni e dei media, oltre che ovviamente degli organi governativi, sia incentrata soprattutto su una profonda analisi del fenomeno, che da una parte introduca più consone politiche di garanzia e tutela dei diritti di questa tipologia di soggetti e, dall’altra, alimenti una corretta informazione, lasciando da parte improbabili parallelismi con le passate ondate di immigrazione o accattivanti retoriche riguardo immaginarie terre promesse.
Luca M. Esposito
(Eureka, Il Globo 18 agosto 2016)