Il Seven Creek Hotel di Euroa, località regionale del Victoria a due ore di macchina da Melbourne, è stato costruito nel 1901 e da allora è il luogo di ritrovo dell’intera comunità rurale della zona. Nelle fredde giornate d’inverno, con il camino sempre acceso, ti accoglie con il calore e gli odori avvolgenti tipici di quei luoghi che una loro storia da raccontare ce l’hanno.
In un grigio pomeriggio di luglio, però, i membri della comunità entrano nell’Hotel con facce scure e tristi, perché la storia che vogliono raccontare stavolta è di quelle che lascia l’amaro in bocca, più amaro del luppolo della birra che Finn, un ragazzone dagli occhi buoni e la barba lunga legata sotto il mento, ti serve da dietro al bancone.
È la storia di Danilo che, arrivato da Cava de’ Tirreni circa sei anni fa, è diventato parte della storia di questa comunità. Una storia che però da qualche giorno si è trasformata in ricordo malinconico, in delusione, perché Danilo non è riuscito ad ottenere un visto per rimanere in Australia e di ragazzi come lui a Euroa, come in tante altre comunità regionali del Victoria, ce ne sarebbe invece molto bisogno. “Non sono molti i giovani che emigrano dall’Europa che amano fermarsi da queste parti” dice Gordon, che vive a Euroa da ormai quasi vent’anni ed è uno dei membri più riconosciuti della comunità. “Se penso a Danilo – continua – mi sembra che lui sia sempre stato qui con noi” e il fatto che ora sia costretto a lasciare l’Australia “è molto fastidioso”. “Ha lavorato duramente da queste parti – spiega Gordon amareggiato – ed è diventato parte della nostra comunità”.
Danilo è stato costretto a lasciare Euroa, e con essa l’Australia, perché dopo aver tentato molte soluzioni per restare, spendendo migliaia di dollari in corsi scolastici per raggiungere le qualifiche necessarie per la sponsorizzazione, si è trovato incastrato negli ultimi cambiamenti dei visti apportati dal governo e, alla fine, nonostante il capitale speso con numerosi avvocati dell’immigrazione, ha dovuto rinunciare.
Una storia, quella di Danilo, che è simile a quella di moltissime persone che hanno dovuto lasciare l’Australia in questi anni, di tanti giovani qualificati, di tante persone che avevano aperto business di successo, di tanti ragazzi e ragazze che hanno lavorato duro, seguito le regole, pagato le tasse, diventando in molti casi parte delle comunità dove vivevano.
Ma quella di Danilo è anche una storia singolare, perché il suo sogno, e tutti gli sforzi che ha fatto per raggiungerlo, non era quello di vivere tra le vibranti vie di Melbourne o tra le soleggiate spiagge di Sydney, ma in un’area rurale che di giorno in giorno vede giovani che se ne vanno e attività che chiudono per carenza di personale. “Danilo ha portato qui a Euroa il suo amore per la terra” dice Susie, una farmer della zona, e anche se da tempo non lavora più in una fattoria, ma al Seven Creek Hotel, Danilo accanto alla sua casa ha un grande orto, la sua passione, che coltiva con maestria, producendo in grandi quantità ortaggi squisiti che poi regala a tutta la comunità. “I suoi pomodori sono incredibili” assicura Gordon.
“È così triste che debba andar via, perché da queste parti abbiamo molto bisogno di immigrati”, aggiunge Eleanor, che spiega poi quanto il multiculturalismo sia diventato importante per aree rurali come quella di Euroa e quella di Ruffy, un’altra piccola località della zona. Chi arriva qui da altri Paesi porta i suoi sapori, i suoi saperi, e da queste parti è un rinnovamento che spinge le comunità regionali ad aprirsi e le rende più vivaci. La più agguerrita è però Annie, la proprietaria del Seven Creek Hotel. “Non lasceremo che le cose finiscano così – assicura – combatteremo e faremo in modo che Danilo possa tornare presto”. “È parte integrante della nostra comunità – continua Annie – ha portato il suo amore per il lavoro, ci ha insegnato molto, ci ha fatto conoscere nuovi sapori, rende la nostra quotidianità più viva con il suo carattere cordiale e gentile”. “Tutti da queste parti sono tristi per il fatto che Danilo non sarà più con noi – dice Finn da dietro il bancone del Seven Creek – lavorare qui non sarà più lo stesso. Sarà terribile per noi vederlo andare via”. “Casa di Danilo era un posto dove ritrovarsi – racconta uno dei migliori amici di Danilo qui a Euroa – mi mancheranno i lunghi pranzi ai quali ci invitava tutti e che duravano fino a sera”. “In questi tempi nei quali molti giovani della mia età lasciano le aree rurali per le città – continua – è per noi incredibile vedere l’amore che Danilo ha per questi luoghi, con quanta convinzione è voluto diventare parte della nostra comunità. Sarà una grande perdita per tutti non averlo più qui”.
Chissà se Danilo riuscirà un giorno a tornare a vivere a Euroa, dalla comunità che lo aspetta, e che come molte altre comunità rurali ha un bisogno incredibile di persone come lui, che amano la vita di queste parti e apportano con il loro lavoro e la loro esperienza un valore enorme a luoghi in continua lotta contro lo spopolamento. La questione dei lavoratori migranti signifi ca anche questo e, per una politica lungimirante, rappresenta un aspetto che non si può continuare a far finta di non vedere.
Luca M. Esposito