Intervista con Bassina Farbenblum (Faculty of Law, University of New South Wales)
Lo scorso anno i ricercatori della University of Technology Sydney e della UNSW hanno raccolto le testimonianze anonime di 4.322 migranti temporanei di 107 nazionalità diverse, tra cui 102 italiani. Dalla ricerca, pubblicata con il titolo “Wage Th eft in Australia” a novembre dello scorso anno, sono emersi dati spaventosi sullo sfruttamento ai danni dei lavoratori stranieri in Australia, con un quarto degli studenti internazionali e un terzo dei Working Holiday Visa che ha dichiarato di aver guadagnato $12 all’ora o meno, e il 43% degli studenti e il 46% dei WHV che ha detto di guadagnare $15 all’ora o meno. Oltre a queste cifre scioccanti, il dato sorprendente svelato dalla ricerca è stato che ben il 78% dei backpacker e il 73% degli studenti internazionali era al corrente di essere sottopagato ma non ha denunciato la cosa. Le motivazioni dietro questa scelta verranno spiegate in un secondo rapporto in uscita a metà 2018. “Esistono svariate motivazioni – anticipa Bassina Farbenblum dell’UNSW, co-autrice del rapporto “Wage Th eft in Australia” in un’intervista a Eureka -. Una di queste è che i migranti temporanei spesso non sanno come fare per far valere i propri diritti, non sanno a chi rivolgersi per sporgere una denuncia. Ma il problema è anche che il processo di denuncia è spesso diffi cilmente accessibile”. Ci sono anche molti motivi psicologici, come la paura di perdere il posto di lavoro, spiega Farbenblum. Inoltre, continua, “molte persone pensano che costi troppa fatica cercare di recuperare i salari non corrisposti. Sono venute in Australia con l’idea di visitare il Paese, di divertirsi o di studiare e non vogliono perdere tempo a fare calcoli e a mettersi contro il proprio datore di lavoro”. “E’ una questione molto complessa” chiosa la ricercatrice. Il fatto che ci sia una sorta di mercato del lavoro ‘parallelo’ per i lavoratori temporanei sembra essere una convinzione condivisa da molti. Il rapporto pubblicato lo scorso anno mostra infatti come la stragrande maggioranza di WHV (84%) e studenti internazionali (86%) pensi che tutti, la maggior parte o molti di coloro in possesso del loro stesso visto vengano pagati meno del minimo salariale. Sapere che i lavoratori contemporanei conoscono i propri diritti (perlomeno in parte) ma non siano comunque propensi a parlare per vederli rispettati è un dato importante ai fi ni dell’azione di governo: distribuire materiale informativo all’aeroporto, ad esempio, potrebbe non essere più suffi ciente. “Ci deve essere una procedura di denuncia pensata appositamente per i migranti, che renda più semplice riscattare i salari che gli spettano – dice Farbenblum – e che riconosca gli ostacoli che si trovano davanti”.“Uno dei motivi principali per cui è importante denunciare è per far capire a chi non rispetta le leggi che ci sono conseguenze. E non solo per i datori di lavoro diretti ma per tutte le aziende che si servono di chi sfrutta la manodopera (ad esempio le grandi catene di supermercati che si riforniscono di frutta e verdura da agricoltori che sfruttano lavoratori stagionali, ndr). Speriamo che, quando il Modern Slavery Act entrerà in vigore nei prossimi mesi, le aziende adotteranno delle misure più stringenti per verifi care quello che avviene nella fi liera” dice la ricercatrice. In questo senso, iniziative come il sito Rate My Boss che puntano pubblicamente il dito contro chi non rispetta le regole sono importanti per incentivare le aziende virtuose che si trovano svantaggiate in quanto, pagando adeguatamente i propri dipendenti, i loro prodotti sono più costosi. “E’ molto importante trovare modi per incentivare il rispetto delle leggi, quando l’incentivo economico va nella direzione opposta”, sottolinea Farbenblum. La risposta del governo dopo la pubblicazione del rapporto, aff erma, è stata “molto positiva”, con diversi dipartimenti che si sono attivati per “trovare soluzioni per rispondere effi cacemente al problema”. Ad esempio, all’inizio di quest’anno il ministro del Lavoro Michaelia Cash ha annunciato la creazione di una Migrant Workers’ Taskforce che lavorerà per individuare con più rapidità i casi di sfruttamento ai danni dei lavoratori stranieri. “Abbiamo ricevuto anche risposte interessanti dagli investitori, preoccupati che le aziende in cui investono siano coinvolte in pratiche di sfruttamento. C’è una vera volontà di migliorare la situazione e speriamo che questa ricerca possa contribuire a portare a un cambiamento basato su dati concreti”, conclude Farbenblum.
Margherita Angelucci
(IL GLOBO, Eureka, 3 maggio 2018)