La scorsa settimana per NOMIT, come per tutta la comunità italiana d’Australia, è stata molto intensa. L’On.le Vincenzo Amendola, Sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri, si è recato in visita istituzionale “downunder”.
Per sgombrare subito il campo da sterili critiche, scopo della missione, non era assolutamente fare propaganda per il Referendum Costituzionale, come mi son premurato di dire ad una signora attempata che, a margine dell’incontro conclusivo tenutosi al Veneto Club di Melbourne, mi chiedeva di riassumere l’intervento del Sottosegretario: “Si ma allora che ha detto?”. Amendola ha risposto alle domande dei vari esponenti della Comunità, perché siamo importanti, noi come le comunità in Brasile e in Argentina che ha recentemente incontrato e come tutti gli italiani all’estero; “Si ma lui, lui che ha detto?”. Di votare signora, ha detto di votare.
La sintesi tanto anelata dalla signora del Veneto Club, se estrema, è ingiusta e non solo. Il contesto è fondamentale. Per gli italiani in Australia non si sta “solo” riscrivendo la Costituzione italiana ma, e questo forse interessa più i “nuovi” italiani che “d’Australia” non sono anche se ci sono, la revisione dei visti.
Citando infatti Michael Pezzullo, Segretario del Department of Immigration and Border Protection una “riforma dei visti è essenziale per far fronte alla complessità dell’attuale quadro dei visti e modernizzare le pratiche aziendali, anche per garantire la crescita futura”. Giusto. Giustissimo anzi.
Strano è però come queste parole si vanno a interpolare nella realtà dei fatti, realtà che vede lo stesso Pezzullo pronunciarle a commento dell’ipotesi del nuovo super-visto turistico, esclusiva per i cinesi, che sarà addirittura decennale. Come questo visto sia a garanzia di una “crescita futura” è difficile da immaginare, eccezion fatta per quello che riguarda l’enorme zona grigia di legittimità, dove transitano gli autisti Uber per esempio, ma quantomeno l’iniziativa ci da’ il pretesto per chiedere informazioni a chi, a questa “ristrutturazione dei visti”, può aver l’investitura di partecipare. Quando ho chiesto all’On.le Amendola quindi se, durante gli incontri con il Minister for International Development and the Pacific Fierravanti-Wells, ci fosse stata l’occasione per affrontare l’idea di visti specifici anche per i cittadini italiani, imperniabili tra l’altro su ratio ben più solide del super-turistico cinese (come il tanto caro cultural fit che diventa una condizione quasi necessaria in alcuni settori, quali l’insegnamento della lingua o l’assistenza a quegli anziani di prima generazione ancora prigionieri di barriere linguistiche) ecco, quando ho chiesto questo, il Sottosegretario ci ha tenuto a precisare che mi vuole bene. Mi vuole bene ma io sono arrivato un po’ in ritardo all’incontro e me la son persa tutta la parte rassicurante sul fatto che anche noi, come greci e cinesi, possiamo esporre le nostre specificità al governo, anche se è complicato prevedere visti ad hoc per tutti.
Complicato, certo, ma negli appena trascorsi incontri con il Ministro, son stati previsti tavoli di discussione dove entrare nel merito? “Ci saranno”, mi dice “ma certi discorsi vanno portati avanti con pazienza e mostrandosi amichevoli, proprio come han fatto le generazione emigrate qui negli anni ‘50.”.
Solo a quel punto ho capito a cosa si riferiva il Sottosegretario quando mi faceva notare che, per quanto lui mi volesse bene, tanto a me, credo, quanto ai 20.000 italiani che ogni anno si affacciano in Australia, io sono arrivato in ritardo. Il ritardo non è stato quello causato dalla difficoltà di raggiungere il Veneto Club con i mezzi pubblici, ma è macroscopico, epocale. L’Italia verrà ascoltata “ma solo su specifiche posizioni”, mentre i cinesi ci superano a destra facendoci #nihaone.
Fabrizio Venturini