Maddalena Tirabassi: “Il numero delle partenze è ai livelli di quelli di inizio anni ‘70”
Viaggio tra gli italiani all’estero – Racconto di un paese altrove è il titolo del nuovo fascicolo monografico della rivista il Mulino. Il volume è frutto del lavoro di alcuni dei principali esperti di migrazione italiana, tra i quali Enrico Pugliese, autore del libro Quelli che se ne vanno. La nuova emigrazione italiana, uscito nel 2018, Piero Bassetti, fondatore e presidente di Globus et Locus, un osservatorio politico sulla glocalizzazione e gli italiani nel mondo, e Maddalena Tirabassi, direttore del Centro Altreitalie sulle Migrazioni Italiane, per citarne solo alcuni. I contributi degli studiosi cercano di dare uno sguardo il più possibile d’assieme di un fenomeno variegato, difficile da cogliere e molto spesso presentato per stereotipi. Una seconda parte del volume raccoglie le storie di 40 italiani, suddivisi per area geografica, che hanno scelto di vivere all’estero.Tra questi c’è anche il breve racconto di Alessandro Spadoni, giunto in Australia a 35 anni con uno student visa, dopo un’esperienza imprenditoriale in Italia andata a finire male. La terza e ultima parte del volume, a cura di Alvise del Pra’, presenta le diverse forme di autonarrazione di questi anni Duemila: non più lettere e memorie come nel secolo del grande esodo, bensì blog, giornali online e social network. La prima parte della monografia si apre con la lettura storica “Migranti da sempre”, di Maddalena Tirabassi, studiosa di migrazioni con la quale abbiamo parlato di nuova mobilità italiana.
Da quando si può cominciare a parlare di “nuova emigrazione italiana” e non solo di “fuga di cervelli”, e quali sono le sue caratteristiche più evidenti?
Nel terzo millennio si è notata una sostanziale crescita: dai 30/40mila dell’inizio si è passati agli oltre 100mila del 2012 per superare i 150mila nel 2016. Era chiaro che le partenze erano legate alla crisi e alle sue conseguenze e che il discorso dei cervelli in fuga riguardava solo una piccola parte di chi partiva. Si tratta comunque di un’emigrazione diffi cile da quantifi care poiché il migrante di oggi attraversa le frontiere europee senza visti e permessi di soggiorno e spesso tralascia la cancellazione anagrafi ca dall’ultimo Comune di residenza in Italia. Di conseguenza, la dimensione reale del fenomeno supera abbondantemente i dati ufficiali e, secondo alcune stime, può più che raddoppiare.
Quali sono le principali diff erenze e similitudini (magari inaspettate) con le grandi ondate migratorie del passato?
Si tratta sempre di una popolazione giovane, ma rispetto all’epoca della grande emigrazione è molto più istruita. Partono sia uomini che donne anche se continuano a prevalere leggermente gli uomini, ma si parte perlopiù da soli/e. Il tuo contributo mira a sfatare alcuni miti della grande storia migratoria italiana.
Quali sono?
Nella storia dell’emigrazione italiana le destinazioni europee sono state a lungo prevalenti, e solo durante il periodo della cosiddetta “grande emigrazione” le partenze transoceaniche da alcune regioni, soprattutto meridionali, hanno superato quelle dirette verso l’Europa o altri Paesi del Mediterraneo. La novità delle mobilità odierne è data probabilmente dall’intreccio dei numerosi fattori che ne sono all’origine. Un aspetto di solito trascurato è dato dal fatto che negli ultimi decenni abbiamo avuto in Italia un grande cambiamento nell’atteggiamento delle persone riguardo a ciò che chiameremmo le relazioni personali con la mobilità: a grandi linee, fino agli anni Settanta dello scorso secolo, gli italiani che attraversavano i confini del Paese erano principalmente migranti (sempre più qualifi cati o professionisti) o cosmopoliti benestanti che potevano permettersi di viaggiare e mandare i propri fi gli a studiare all’estero. Poi l’ICT, l’UE e Schengen hanno creato anche in Italia il turismo di massa, familiarizzando così gli italiani con l’idea di varcare i confini con facilità. Anche le novità delle comunicazioni hanno contribuito a rendere la popolazione più mobile.
Che spazio occupa la nuova emigrazione italiana nel dibattito politico attuale?
Anche qui si può rilevare una retorica dell’“emigrato di successo”? Direi che la retorica dell’emigrato di successo è propria della stampa che pubblica costantemente storie di giovani scienziati in odore di candidatura al Nobel. La politica mi sembra più preoccupata di affrontare le questioni che sono ancora il retaggio delle migrazioni storiche o dell’assetto burocratico.
Chi emigra si sente, secondo te, rappresentato o “dimenticato” dallo Stato italiano?
Dalle voci del web e dalle nostre inchieste emergono sempre denunce rispetto a quello che lo Stato o meglio l’Italia non fa per le giovani generazioni, trovando conferma nei dati statistici sui tassi di disoccupazione giovanile. Molto frequenti sono anche le denunce di clientelarismo e nepotismi sui luoghi di lavoro e nelle università.
È emersa la necessità di una rete di supporto e assistenza per la nuova mobilità?
Mi sembra che ci siano iniziative che sono state riattivate recentemente, come testimonia il convegno di Palermo organizzato dai CGIE, conclusosi lo scorso 19 aprile. Ma le questioni sono molte e complesse, diffi cili da risolvere con l’ottica della vecchia statualità. Basti pensare alle difficoltà per il voto degli italiani all’estero con una popolazione così mobile.
Susanna Burchielli
(IL GLOBO, Eureka, giovedì 2 maggio 2019)