Con la città di Melbourne tornata nel pieno del lockdown, è tornata anche a crescere l’esigenza di combattere l’isolamento vissuto dai ragazzi italiani che ancora risiedono in questa parte di mondo e che da anni non vedono le proprie famiglie. Per questo Nomit ha riattivato tutti quegli strumenti che si erano rivelati innovativi ed efficaci durante le lunghe restrizioni dello scorso anno e fin dai primi giorni di lockdown, con i suoi volontari, ha ricontattato tutti coloro che si erano rivolti all’associazione lo scorso anno. Un modo per verificare che le persone non fossero nuovamente in difficoltà e per trasmettere la vicinanza della comunità italiana, ma soprattutto per far sì che nessuno si senta lasciato solo nemmeno oggi.
Martedì sera ha poi avuto luogo, sulla scia di quegli action groups che avevano avuto enorme successo lo scorso lockdown, un incontro aperto a tutti in videoconferenza con lo scopo di confrontarsi e di aprire un dialogo con i rappresentanti delle istituzioni e del terzo settore.
Ospite dell’incontro è stato il deputato eletto all’estero nella ripartizione AAOA, Nicola Carè, che ha sottolineato quanto sia importante creare un ponte di comunicazione tra l’Italia e la nuova generazione di italiani all’estero, offrendosi di portare fin nel cuore delle istituzioni le importanti riflessioni emerse dall’incontro. Riflessioni alle quali ha dato un contributo di professionalità la psicologa e fondatrice del gruppo ‘Un’amica a Melbourne’, Barbara Zoroddu, che ha spiegato quali sono le difficoltà dei nuovi emigrati e sottolineato la necessità di una maggiore attenzione delle istituzioni italiane verso i rischi di isolamento dei propri cittadini all’estero, in particolare i più giovani.
Occorre infatti prendere coscienza, come ha spiegato la dottoressa Zoroddu, che dopo più di un anno di pandemia di Covid è ora in corso una vera e propria epidemia di ansia che affligge moltissimi ragazzi emigrati a Melbourne. L’emigrazione, spesso scelta per mancanza di alternative in Italia, trova molti impreparati e viene affrontata quando si è già intaccati nello spirito da esperienze lavorative deludenti e squalificanti vissute in Italia. Tutti elementi che generano un vortice di bassa autostima, poca consapevolezza di sé e del proprio valore come persona, come lavoratore e come membro attivo della società.
Considerazioni che il deputato Nicola Carè ha fatto proprie e si è impegnato a far arrivare a Roma, perché l’attenzione in Italia verso l’emigrazione, ha detto, sta crescendo e occorre lavorare per far sì che cresca anche la consapevolezza all’interno della politica. E non solo della politica italiana, ma anche di quella locale, come ha sottolineato il presidente della Sca, Paul Lostia, che ha posto l’accento sulla necessità di mettere a conoscenza delle difficoltà dei tanti giovani emigrati italiani anche la politica australiana e la comunità italiana più tradizionale.
Tutte questioni che Nomit solleva da tempo e che dovrebbero essere affrontate attraverso progetti volti a favorire prima di tutto un’emigrazione più informata e consapevole. Progetti che non solo sarebbero utili a tutelare i diritti e la salute dei giovani emigrati, ma anche a tenere legati all’Italia i tanti cittadini che hanno lasciato il Paese e che ricominceranno a lasciarlo quando si riapriranno i confini. Cittadini che sono ormai parte di una mobilità variegata e spesso circolare e che spesso sono abbandonati a se stessi. Da qui anche l’esigenza di ricalibrare, secondo il professor Simone Battiston, il disallineamento dell’impianto normativo e della rappresentanza che si rivolge agli italiani all’estero e che non riflette più le esigenze di una diversa generazione di emigranti.
(IL GLOBO, Eureka, 10 giugno 2020)