Rapporto Migrantes 2020: una luce su 15 anni di emigrazione italiana

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Come l’epidemia ha cambiato il panorama dell’emigrazione italiana all’estero è presto per dirlo, bisognerà ancora attendere i dati dei rientri e fare una analisi sul fatto se questi rientri siano stati per la maggior parte volontari o siano stati invece forzati dalle ristrettezze economiche che, a causa del virus, molti italiani di più recente emigrazione hanno sofferto in questi mesi.

In proposito sappiamo che dall’Australia, perché lasciati senza nessun supporto da parte del governo Morrison e poco informati degli aiuti messi a disposizione del governo italiano, almeno in 5mila hanno deciso di rientrare a casa dallo scoppio della pandemia. Fino a quel momento però, al 1 gennaio 2020, grazie all’ultimo rapporto Migrantes, presentato lunedì scorso, notiamo che l’Australia era ancora una delle mete più frequentate dalla nuova mobilità italiana con oltre 2800 arrivi nel 2019, il 2,8% del totale delle partenze dall’Italia e nona nazione per afflusso. La quarta se si eliminano le mete europee più vicine e facili da raggiungere e forse anche la prima di quelle extraeuropee, se si considera che la mobilità verso Stati Uniti, Argentina e Brasile  spesso non arriva direttamente dall’Italia, ma piuttosto è composta di cittadini italiani che già risiedono in quella zona del mondo.

A parte poi i numeri che riguardano il nostro territorio, la nuova edizione del Rapporto Migrantes, contiene uno sguardo profondo sugli ultimi 15 anni di emigrazione italiana nel mondo e offre spunti molto interessanti su alcuni aspetti del fenomeno, oltre che indicare preziose  prospettive sul futuro.

Rispetto al 2006 la nuova “collettività” si sta ringiovanendo a seguito delle nascite all’estero (+150,1%) e della nuova  mobilità costituita sia da nuclei familiari con  minori al seguito (+84,3% della classe di  età 0-18 anni) sia da protagonisti giovani e giovani-adulti immediatamente e pienamente da inserire nel mercato del lavoro (+78,4% di aumento rispetto al 2006 nella classe 19-40 anni)”. A questa si aggiungono quelle che vengono definite le emigrazioni del “migrante previdenziale”, che ha avuto il suo culmine nel 2018 e, in parte, anche quelli del “migrante genitore-nonno ricongiunto” e del “migrante di rimbalzo”, che portano oggi a registrare un aumento degli iscritti all’Aire, con età superiore ai 65 anni, del +85,4% negli ultimi 15 anni.

Soprattutto, come Nomit continua a ripetere da anni, la nuova migrazione non è fatta dei cosiddetti cervelli in fuga tanto cari alla retorica dei media italiani, perché sebbene le persone che emigrano con livelli di istruzione alti siano aumentate dal 2006 del +193,3%, coloro che lasciano l’Italia con in tasca solo un diploma sono enormemente di più e sono cresciuti in 15 anni del +292,5%.

Ad essere particolarmente interessante è poi la lettura di questa nuova mobilità che lo studio ha saputo fare in relazione al rapporto con il territorio di origine. Si sta riscoprendo infatti, sottolinea Migrantes, come i giovani che all’estero vivono  e  lavorano, non abbiano mai smesso realmente di partecipare agli eventi e alla vita dei loro territori di origine, dei luoghi in cui si sono formati, città, sedi delle università che hanno frequentato. Un legame importante che si è mantenuto grazie alle tecnologie, anche nella prospettiva di un rientro che è sempre presente nella vita dei migranti degli ultimi 15 anni e del quale i tanti luoghi abbandonati e spopolati della Penisola potrebbero presto beneficiare.

Soprattutto adesso che a causa dalla pandemia molti sono stati costretti a rientrare in Italia. E’ un’occasione importante, che il Paese non deve perdere, per ricostruire, tramite i molti giovani che hanno avuto un’esperienza all’estero, un tessuto demografico in progressivo disfacimento.

Da tempo Nomit, grazie ad anni di esperienza e un contatto costante con migliaia di giovani italiani,  ha elaborato proposte e idee per favorire una dinamica di rientro che possa essere di mutuo beneficio per i territori spopolati e per una generazione che ha bisogno di spazi e nuove frontiere per esprimersi.

 

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Articolo scritto da

Luca M. Esposito

Luca M. Esposito

Che ci fa uno storico medievale, con un impiego nelle produzioni cinematografiche e appassionato di politica in Australia, è una domanda che continua a rimbombare nella testa di Luca fin dal suo approdo a Melbourne, nel 2012. La continua ricerca di una risposta porta Luca nei mercati, nelle università, nei giardini, nei consolati, nelle farm di galline sparsi per la città, fino ad approdare, come redattore, nella redazione del bisettimanale italiano d’Australia Il Globo, ad occuparsi principalmente di politica italiana. Nel frattempo dedica tutto il suo tempo libero a Nomit, che con molti altri ragazzi, ha contribuito a fondare e costruire sin dal maggio 2013. Un’esperienza che, è convinto, lo aiuterà a placare la sua sete di risposte.