Tempo di cambiare? Dubbi e incertezze
Giovanni, partiamo dal principio. Una volta che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la legge elettorale con cui è stato eletto questo Parlamento, non credi sia irresponsabile da parte della maggioranza imporre una revisione della Costituzione di questa portata?
In effetti, appena un mese prima che Matteo Renzi assumesse l’incarico di Presidente del Consiglio nel febbraio 2014, la Corte costituzionale aveva dichiarato l’incostituzionalità del c.d. Porcellum in forza del quale la XVII legislatura era stata costituita. Nonostante quella sentenza, le Camere non furono immediatamente sciolte solo grazie al “principio della continuità degli organi dello Stato”, che tuttavia la giurisprudenza della corte costituzionale ha indicato dovessero essere limitato temporalmente. A distanza di quasi tre anni, ci ritroviamo con lo stesso parlamento che ha votato una revisione costituzionale di inaudita portata. Questa incongruenza potrebbe far si che, una volta entrata in vigore, la legge costituzionale possa essere disattesa dalla Corte costituzionale per violazione dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale, ovvero della sovranita’ popolare (Articolo 1, comma 2) e di eguaglianza/razionalita’ (Articolo 3).
Secondo quello che è il dettato della Costituzione, una riforma della stessa è espressamente prevista come frutto dell’iniziativa parlamentare condivisa, non dell’azione del governo. Non è anche a causa di questa forzatura che l’approvazione di questa Riforma pone seri dubbi di legittimità costituzionale?
La tesi di Renzi, secondo la quale il Governo disporrebbe dell’iniziativa legislativa anche per le leggi di revisione costituzionale, non viola un esplicito divieto costituzionale, ma certamente determina l’abbassamento della Costituzione allo stesso livello delle leggi ordinarie e della politica quotidiana. L’iniziativa governativa e’ certamente necessaria per le leggi di attuazione costituzionale, come ad esempio le leggi costituzionali di approvazione degli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale. Invece, per le leggi di revisione della Costituzione, uno dei piu’ autorevoli padri della costituzione, il giurista Piero Calamandrei, affermo in assemblea costituente che “quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti; estraneo del pari deve rimanere il governo alla formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’assemblea sovrana”. In sostanza, questo e’ il principio fondamentale della superiorità e rigidità della Costituzione del 1947.
Molti grandi costituzionalisti, tra cui Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Alessandro Pace parlano espressamente di “pericolo per la democrazia” puoi spiegarci da dove scaturiscano questi loro timori?
In termini di architettura costituzionale, nella revisione Renzi-Boschi non è ben chiaro con quale meccanismo i senatori vadano a rappresentare le “istituzioni territoriali”. Infatti l’elezione, o piuttosto la nomina, dei senatori con metodo proporzionale da parte dei consigli regionali significa in sostanza che i senatori rappresenteranno le forze politiche presenti nei consigli regionali piuttosto che le cosiddette istituzioni. Per di piu’, questo contraddice l’articolo 67 che conferma l’assenza di vincolo di mandato: ma come si potrebbero rappresentare le istituzioni altrimenti? D’altronde, verrebbe a mancare anche la rappresentativita’ popolare, dato che i senatori verrano nominati dagli enti locali.
Quindi molta più influenza dei partiti all’interno del Parlamento, in particolare del partito di maggioranza che attua una stretta sulla Camere. In più, senza “vincolo di mandato”, ossia l’obbligo di votare in Senato su indicazione delle regioni o dei comuni che rappresentano, e privi di elezione popolare, ossia non rappresentanti diretti del popolo, questi senatori saranno un ibrido che non si capisce su che base prenderanno le proprie decisioni. Però almeno, in un Senato meno influente sulle leggi, commentano i sostenitori della riforma, si avrà finalmente un processo legislativo più snello e veloce. E’ così a tuo parere?
Non proprio. Attualmente a regolare l’attività legislativa delle due Camere è, secondo la Costituzione del 1948, l’articolo 70. Che recita: “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere”. Semplice, chiaro, pulito. Nove parole in tutto. Al contrario, il nuovo articolo 70 che si vorrebbe introdurre con la revisione è formato da 432 parole con 11 riferimenti per delineare almeno quattro (c’è chi dice anche di più) diversi procedimenti legislativi, creando una confusione che, in molti temono, porterà a maggiori difficoltà anziché snellire il lavoro del Parlamento.
Per concludere dunque, la Riforma, oltre a impattare fortemente sui principi fondamentali della Costituzione, limitando di fatto la sovranità popolare sancita dall’art.1, non è nemmeno un’efficace soluzione per lo snellimento del processo legislativo. Quali sono secondo te le tre ragioni più importanti per cui questa revisione dovrebbe essere respinta dalla volontà popolare al Referendum del 4 dicembre?
Al di la’ di posizioni politiche e convinzioni ideologiche che lasciano il tempo che trovano, e volendo evidenziare giusto tre ragioni giuridiche per rigettare questa revisione costituzionale, io votero’ NO perche la legge Renzi-Boschi:
- Contraddice la sovranità popolare attribuendo ai consigli regionali, e non ai cittadini, il diritto di eleggere il Senato.
- Ribadisce la spettanza al Senato della funzione legislativa e di quella di revisione costituzionale ancorché esso sia privo di legittimazione democratica.
- Dal punto di vista funzionale, complica ulteriormente la procedura legislativa e lascia il rapporto tra i poteri esecutivi dello stato e delle regioni ancora piu’ incerto.
Luca M Esposito