Spesso è la scarsa dimestichezza con la lingua, unita alla mancata conoscenza dei propri diritti in ambito lavorativo e alla paura di ripercussioni negative sulla propria situazione di impiego o di visto, a far sì che molti migranti non denuncino i torti e i maltrattamenti subiti sul lavoro.
Per questo, il Fair Work ha deciso di lanciare il suo servizio ‘Anonymous Report’, che permette di fare denunce anonime, anche in 16 lingue oltre all’inglese. “Fattori come la scarsa conoscenza dell’inglese, barriere culturali e la mancanza di consapevolezza circa i propri diritti rendono i lavoratori migranti particolarmente vulnerabili allo sfruttamento – spiega il Fair Work Ombudsman Natalie James -. Questi stessi fattori rendono anche difficile sapere dove cercare aiuto”.
Secondo uno studio commissionato da Fair Work, il 60% degli studenti internazionali impiegati in Australia credono che, denunciando un problema sul posto di lavoro, la situazione non cambierebbe o addirittura peggiorerebbe. “Vogliamo abbattere queste barriere e far sì che diventi il più semplice possibile per i lavoratori migranti farci sapere le loro difficoltà. La possibilità di farlo anonimamente e in lingue diverse dall’inglese è un passo fondamentale per riuscirci”, aggiunge James.
Il Fair Work Ombudsman ha lanciato la funzione ‘Anonymous Report’ per la prima volta a maggio dello scorso anno e da allora ha ricevuto oltre 10mila denunce, il 15% delle quali da parte di lavoratori con visti temporanei. Ora la funzione di denuncia anonima sarà disponibile anche in italiano, cinese, coreano, hindi, arabo, francese, tedesco, giapponese, spagnolo, vietnamita, indonesiano, filippino, portoghese, thailandese e nepalese, tramite il sito internet www.fairwork.gov.au/inlanguageanonymousreport.
“Capiamo che può essere difficile farsi sentire quando si aff rontano dei problemi sul posto di lavoro ma speriamo che la nuova funzione multilingue incoraggerà un maggior numero di lavoratori migranti a farlo”, afferma James. La direttrice dell’organo del governo australiano che si occupa di garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori riconosce comunque che coloro in Australia con un visto temporaneo possano essere riluttanti a sporgere denuncia per il timore che possa avere conseguenze negative su future opportunità lavorative (non è raro che si arrivi a pensare che se si sparge la voce tra i datori di lavoro di un certo settore che un impiegato è un ‘piantagrane’, ci si possa fare terra bruciata attorno) o di visto. “Voglio rassicurare i lavoratori con visti temporanei che, nell’ambito di un accordo tra il Fair Work e il dipartimento dell’Immigrazione, possono rivolgersi a noi senza paura di vedersi il visto cancellato”, dice James.
La nuova funzione multilingue è un nuovo passo avanti per Fair Work che, recentemente, si è occupato di inchieste importanti che hanno messo in luce sistemi di sfruttamento sistematico e intenzionale ai danni di lavoratori migranti tra gli impiegati della catena 7 Eleven, gli addetti ai carrelli dei supermercati Woolworths e gli addetti alle pulizie in hotel a 4 e 5 stelle. Inchieste rese possibili anche dalle denunce degli stessi lavoratori.
Il Fair Work ha anche da poco lanciato ‘Record My Hours’, un’app che mira a combattere il radicato problema delle retribuzioni inadeguate ai danni di lavoratori, soprattutto giovani e stranieri, in tutto il Paese. Un problema particolarmente sentito nelle aree rurali, dove sono impiegati molti ragazzi con Working Holiday Visa per i famosi 88 giorni di ‘farm’. L’app, utilizzando il Gps del cellulare, permette di registrare non solo le ore lavorate ma anche il luogo dove si è lavorato, ed è scaricabile da iTunes e Google Play in 18 lingue.
(IL GLOBO, Eureka, giovedì 3 agosto 2017)