Confusi nella retorica dei molti discorsi che hanno popolato questa inconsueta crisi di governo augustana, non sono sfuggiti a noi che ne siamo parte, i molteplici riferimenti al problema del fenomeno migratorio che sta interessando una parte sempre più consistente, non solo di giovani, ma ormai anche di famiglie e persino pensionati italiani.
Per la prima volta infatti e con così tanta insistenza, questo aspetto è stato sottolineato in più occasioni come uno dei problemi più preoccupanti che sta colpendo il Paese. Lo ha citato il premier Giuseppe Conte in Senato, nel discorso con cui ha annunciato le proprie dimissioni da Presidente del Consiglio, lo hanno toccato tutti gli altri leader nei loro interventi. Un’attenzione che, sebbene un po’ tardiva, è già un passo avanti incoraggiante rispetto alle infelici uscite di politici del passato, dalla celebre trovata dell’ex ministro del governo Monti Elsa Fornero, che definiva i giovani italiani “choosy”, alla imbarazzante frase dell’ex ministro del Lavoro del governo Renzi, Giuliano Poletti, il quale parlando dell’immigrazione giovanile non ha trovato meglio da fare che definire alcuni di coloro che partivano una perdita non così grave per il Paese.
A sorprendere coloro che da tempo si occupano del fenomeno, c’è stato poi anche l’inserimento della riforma dell’Aire e “di una maggiore attenzione per gli italiani all’estero”, nei venti punti “irrinunciabili” che il M5s ha posto al Partito Democratico la settimana scorsa, durante le complicate trattative per la formazione del nuovo governo. Un particolare che è stato salutato con stupore ed entusiasmo anche all’estero, dove ormai da tempo le menti più brillanti sostengono la necessità di una riforma dell’Anagrafe dei Residenti all’Estero che rispecchi maggiormente la nuova realtà del fenomeno migratorio e ne faccia uno strumento più efficace ed inclusivo rispetto al passato.
A quanto pare insomma l’alto tasso di abbandono del territorio nazionale è finalmente sulla bocca di tutti, o quasi, gli attori politici di primo piano e in sempre maggiori occasioni le Istituzioni italiane stanno esprimendo la volontà innanzitutto di conoscere in modo più approfondito una realtà per troppo tempo ignorata o presa sotto gamba. In una recente intervista su queste giornale, il presidente della Commissione esteri del Senato Vito Petrocelli ha appunto espresso con la massima chiarezza l’intenzione del Parlamento di approfondire la conoscenza diretta con coloro che in questi anni hanno lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero e ha anche rivelato la volontà di compiere nei prossimi mesi una serie di missioni, tra le quali una anche in Australia, per confrontarsi direttamente con la questione.
Un’apertura in questo senso è quanto mai gradita, anche perché come più volte sottolineato proprio su queste pagine, ad ultimo in una interessante riflessione della ricercatrice della Monash University, Margherita Angelucci, c’è un gran bisogno di cambiare drasticamente il racconto che della nuova migrazione italiana si è fatta negli ultimi anni. Un racconto che fino ad oggi è stato fortemente strumentalizzato da una parte e largamente banalizzato dall’altra, perdendo completamente, complici soprattutto i media italiani, ma anche alcuni di coloro che di questa ondata migratoria fanno parte, la complessità della questione. Il danno che ciò ha recato a tutti noi non è stato semplicemente soggettivo, nel senso che ha costretto coloro che non avevano trovato la terra promessa a nascondere le proprie difficoltà e le proprie frustrazioni, ben presenti invece nell’esperienza di tutti quanti, ma anche collettivo, perché ha passato il messaggio che non ci fosse bisogno di un dialogo stretto con le Istituzioni che ci rappresentano e nell’alveo delle quali possiamo tutti vedere rispettati i nostri diritti.
A partire dall’esigenza di un’assistenza che fornisca informazioni precise a chi vuole intraprendere l’esperienza migratoria, per arrivare al diritto di poter fare ritorno nel territorio nazionale quando si vorrebbe farlo. Oggi finalmente pare che una differente prospettiva si stia aprendo in questo senso, da una parte grazie ad una maggiore attenzione della Farnesina per coloro che lasciano il Paese e dall’altra per la dichiarata volontà, inserita anche nella bozza del programma di governo, di voler lavorare per “creare le condizioni affinché chi ha dovuto lasciare l’Italia possa tornarvi e trovare un adeguato riconoscimento del merito”.
Ci auguriamo che questi segnali e dichiarazioni di intenti non restino solo parole sulla bocca di tutti, ma si trasformino presto in progetti concreti. In tal caso, le nostre comunità saranno più che pronte, fin da subito, a dare il proprio contributo di idee ed esperienze per renderli possibili.
(IL GLOBO, Eureka – 5 settembre 2019)