Dopo aver privatizzato i test d’inglese, in che modo il governo verifica il lavoro dei provider?
Studiare, ottenere una sponsorizzazione come lavoratore qualificato, richiedere la residenza permanente. Se si vuole vivere in Australia, prima o dopo, ci si troverà a dover affrontare un test per provare la propria conoscenza della lingua inglese. Ormai da decenni, gli esami non sono più effettuati direttamente dal governo australiano, che, così come per le visite mediche dei migranti, ne ha affi dato la gestione a privati.
I test accettati dal dipartimento dell’Immigrazione sono al momento cinque: Ielts, Oet, Toefl , Pte e Cae. Idp, la multinazionale che insieme all’università di Cambridge e al British Council è proprietaria dell’Ielts, ha in gestione la verifica del livello di inglese per conto del governo australiano dal 1994. Prima del novembre 2011, deteneva di fatto il monopolio ma, in seguito a una gara d’appalto, tre esami alternativi (Toefl , Cae e Pte) sono stati aggiunti alla lista. Il dipartimento ha effettuato controlli sui nuovi enti gestori e, nel 2013, ha pubblicato un rapporto. L’Ielts, in quanto non nuovo, non era stato incluso nella verifica ed era stato usato come termine di paragone (insieme all’Oet, riconosciuto dal governo nel 2002, ma che allora rappresentava solo lo 0,02% del mercato contro il 97,21% dell’Ielts) . Quattro anni dopo, con oltre tre milioni di test all’anno, l’Ielts continua a dominare e appare solitamente in cima a tutte le liste delle istituzioni che richiedono test di lingua inglese.
Un portavoce del dipartimento dell’Immigrazione, da noi contattato, ha affermato che il dipartimento non è direttamente coinvolto nella gestione dei test di lingua inglese e non svolge controlli indipendenti sulle aziende a cui appalta tali esami. In pratica, se capiamo bene, il governo australiano ha il potere di rifiutare un visto sulla base dei risultati di esami gestiti da privati che, una volta ottenuto l’appalto, non sono più sottoposti a controlli esterni e indipendenti. Controlli che verifichino anche le condizioni di lavoro dei contractor, nonché l’accuratezza delle correzioni. Infatti, come da noi scoperto tramite un’intervista a un esaminatore Ielts, rilasciata a condizione di mantenerne l’anonimato, l’accuratezza di questo test è sempre più in declino, nonostante dal suo esito dipenda il futuro di migliaia di persone. La nostra fonte è qualcuno che quotidianamente, decidendo se assegnare mezzo punto in più o in meno a una prova, può cambiare il percorso di vita di un individuo o di un’intera famiglia.
Chiunque abbia dovuto fare l’Ielts ha potuto toccare con mano le misure di sicurezza draconiane a cui si è sottoposti: il giorno dell’esame i candidati vengono fotografati e vengono rilevate loro le impronte digitali; vengono scortati in bagno da un sorvegliante che aspetta fuori dalla porta tenendo ‘in ostaggio’ il loro passaporto; alle pareti troneggiano poster con le scritte “Non rischiare il tuo futuro barando” che avvisano chi copia che rischia di essere bandito dall’esame per due anni; ovviamente qualsiasi dispositivo elettronico è proibito. Ma, pur conoscendo queste misure più adatte a un’operazione della Cia che a un test di lingua inglese, colpisce il timore che la nostra fonte ha di aprirsi con noi. “L’Ielts è una macchina per fare soldi”, esordisce l’esaminatore che si occupa della correzione della parte scritta del test. Il formato dell’esame è imponente: le quattro aree di competenza linguistica (scrittura, ascolto, comprensione scritta e orale) vengono testate in due ore e tre quarti di esame, con test a risposta chiusa (ascolto e comprensione scritta), due produzioni scritte da 250 parole l’una e un colloquio orale con un esaminatore, ognuna valutata su una scala da 4 a 9 (i voti sotto il 4 rappresentano una conoscenza molto scarsa della lingua). La parte ritenuta più difficile da superare con il voto necessario solitamente è proprio quella scritta. “Fino a un paio di anni fa – racconta la nostra fonte – gli esaminatori avevano a disposizione 4-5 ore per correggere 20-30 scritti, ovvero circa 10 minuti ciascuno, un tempo sufficiente per verificare correttamente se le prove rispondessero ai quattro criteri di valutazione: rispetto delle consegne, coerenza e coesione, proprietà lessicale, correttezza grammaticale e accuratezza”. Proprio quell’accuratezza che, ironicamente, non riuscirebbe più a essere completamente assicurata da chi le prove le corregge. Dopo alcuni cambiamenti introdotti due anni fa in nome dell’effi cienza, oggi le prove scritte vengono scannerizzate e corrette online da esaminatori in Canada e Australia. Gli esaminatori devono correggere un minimo di 100 prove scritte al giorno (massimo 140) e impegnarsi a farlo per tre giorni a settimana per tre settimane al mese. Un totale di 900 scritti al mese, per un compenso di 3 dollari l’uno, invece dei 20 dollari di prima.
Il conteggio è presto fatto: per arrivare ai 60 dollari all’ora che esaminatori altamente qualificati come la nostra fonte si aspettano di guadagnare, si devono correggere 20 esami in un’ora, ovvero dedicare 3 minuti a ciascuno di esso. Sempre che non sopraggiungano problemi tecnici: “Una volta mi ero reso disponibile per delle correzioni ma c’è stato un problema con gli scanner e, non avendo potuto lavorare quel giorno non ho guadagnato nulla”, racconta la nostra fonte, che afferma di aver ricevuto in passato email che ha giudicato intimidatorie da parte di Idp se non raggiungeva la quota di 100 scritti corretti al giorno. L’esaminatore ammette di essersi ritrovato a correggere alcune prove in solo un minuto: “Quella persona e la sua famiglia contano su quel 7, il loro futuro dipende da quello, ma io ho la mia famiglia da sfamare”, dice.
In passato alcuni esaminatori avevano provato a mettersi insieme per protestare contro queste condizioni lavorative che fanno affiorare anche problemi etici, come la mancanza di accuratezza, ma non è stato possibile fare nulla. Nemmeno i sindacati hanno potuto aiutare dato che gli esaminatori non sono assunti direttamente da Idp, ma sono ingaggiati come lavoratori indipendenti tramite Abn. “Quando Idp ha scoperto quali esaminatori si erano mobilitati – dice la nostra fonte – questi ultimi hanno smesso di ricevere lavoro”. Al momento l’azienda starebbe ingaggiando molti nuovi esaminatori per sostituire quelli messi da parte o che hanno deciso di andarsene a causa delle pressioni ricevute o dopo essersi resi conto che il gioco non vale la candela. E se gli esaminatori più qualificati ed esperti non sono più disposti ad accettare di lavorare a queste condizioni, significa che gli standard delle correzioni diventeranno inevitabilmente più bassi. Se un’azienda privata può agire come crede (sempre che sia nel rispetto della legge), non è accettabile che il governo affidi contratti milionari (nel 2016, Idp ha riportato un profitto netto di 40 milioni di dollari, in crescita del 32% rispetto all’anno precedente) a delle aziende senza verificare regolarmente il loro operato. Soprattutto quando da questo operato dipende il futuro di migliaia di persone.
Molti migranti, dopo aver dovuto ripetere il test anche decine di volte per ottenere il risultato richiesto dal visto, iniziano a fare congetture che, come accusa la nostra fonte, l’Ielts sia davvero “una macchina per fare soldi”. Ogni iscrizione costa 330 dollari e, quando ci si iscrive, bisogna indicare qual è lo scopo per il quale ci si sottopone all’esame. In molti pensano che il sistema sappia così quali voti servono e faccia apposta a dare mezzo punto in meno, per fare in modo che si debba ripagare per un nuovo esame. Su questo, la nostra fonte rassicura: “Gli esaminatori che decidono i voti dello scritto non hanno idea di quale sia la finalità del test o di quali voti il candidato abbia conseguito nelle altre sezioni”. Ma, dato che è difficile che il livello di inglese di una persona cambi molto se si fanno due esami a poche settimane di distanza, la variabile dipende piuttosto dalla persona che assegna il voto, inclusa la sua accuratezza nel correggere la prova. Per questo, la proposta che arriva dalla nostra fonte è quella di considerare i voti di più prove ancora valide (l’Ielts ha una validità di due anni) e non solo quelli di una singola prova. Sul portale dell’Ielts, c’è scritto che se non si è convinti che i risultati ottenuti siano corretti, si può fare domanda di revisione (a pagamento) entro sei settimane dalla data del test ma si sottolinea che gli esaminatori Ielts seguono severe linee guida e sono regolarmente monitorati. “È vero – dice la nostra fonte – ci controllano tutte le settimane ma i modelli che utilizzano per il monitoraggio sono fatti in condizioni che non hanno nulla a che spartire con quelle reali, con tempo in abbondanza per rispettare tutti i criteri di correzione. Al di là delle statistiche, è il buon senso a dirti che se prima correggevo una prova in dieci minuti e adesso ce ne metto uno, l’accuratezza non può essere la stessa”.
Da noi contattata, Idp ha respinto tutte le accuse.
MARGHERITA ANGELUCCI
Domandare è lecito: perché la trasparenza non è un optional ma un dovere
Se si vanno a cercare le testimonianze di chi ha dovuto rinunciare a una carriera all’interno dell’università pur essendo un’eccellenza nella sua materia, di chi si è visto cancellare uno sponsor pur essendo brillante nel lavoro che faceva, di chi per mezzo punto non è riuscito a ottenere un visto pur possedendo le migliori qualifiche ed esperienze nel proprio campo, ci si accorge che si sta parlando di un numero impressionante di persone.
Talenti, eccellenze, esperienze. L’Australia sta perdendo tutto questo per un tratto di penna fatto da qualcuno che, come messo in luce dall’articolo di Margherita Angelucci qui sopra, può capitare si trovi a operare in condizioni di disagio, alimentate da un ambiente
nel quale vigerebbe un clima di pressione e segretezza, che rischia di compromettere quella lucidità e quella tranquillità essenziali per chi con la propria valutazione potrebbe stravolgere vite di intere famiglie.
E proprio questa segretezza, questi dubbi su una piena trasparenza, sono l’aspetto più difficile da ingoiare per chi vede i propri sogni infranti e le proprie speranze distrutte, magari dopo aver speso una montagna di soldi per corsi e test attorno ai quali gira un volume di affari non indifferente. Allo stesso modo, la denuncia a noi pervenuta sulle condizioni lavorative in deterioramento, si mischiano con la mancanza di verifiche indipendenti fatte dall’autorità pubblica e con regole a volte paradossali per chi si sottopone al test, sulle quali crediamo sia lecito porsi qualche domanda per il bene di tutti:
Perché ad esempio il provider richiede al candidato il motivo specifico per cui svolge l’esame di lingua? Cosa importa, a chi deve correggere, la ragione per cui decidi di sottoporti al test? Per sapere il risultato a cui aspiri? E’ un dubbio più che legittimo.
Perché i test non vengono consegnati a chi li ha svolti, ma viene fornito soltanto il risultato? Perché chi paga non può vedere dove ha sbagliato? Le correzioni che gli sono state fatte e, in caso, contestarne la correttezza? Sarebbe un continuo di ricorsi? Ebbene, con la montagna di soldi che costano i test non sembra una giustificazione sufficiente.
Perché il procedimento con cui si può contestare il mezzo punto in meno ricevuto è totalmente segreto? Per vedersi revisionato un risultato, infatti, si deve ovviamente pagare, ma solo nel caso che il voto non cambi e quindi che la contestazione non sia accettata (se il risultato viene modifi cato non si paga nulla). Per correggere il test una seconda volta l’Idp si prende la bellezza di 8 settimane – alla faccia della velocità e puntualità che richiede a candidati e impiegati – e nel caso che il risultato rimanga lo stesso vi liquida con una semplice e-mail, che vi è costata $176.
Perché in caso di smarrimento non è possibile richiedere una copia dei propri risultati?
Infine, perché le diverse prove non possono essere effettuate anche separatamente? Se il mio risultato allo scritto non è sufficiente, ma quello nelle altre prove sì, perché devo rifare l’intero test con il rischio di abbassare il mio punteggio anche nelle altre sezioni? Perché devo ripagare per l’intero test? Ma soprattutto, perché mai una laurea presa in 5 anni di studi non scade e invece un semplice test di lingua ha la durata di soli due anni?
Questionare tale approccio significa chiedere la giusta trasparenza a chi fa un servizio per lo Stato, pagato dalle tasse di tutti, persino di quei lavoratori stranieri a cui il test potrebbe rovinare la vita.
Luca M. Esposito
(IL GLOBO, Eureka, giovedì 7 dicembre 2017)