Un Primo Maggio in marcia per chiedere politiche migratorie più giuste

primo maggio

Sabato scorso centinaia di lavoratori emigrati hanno marciato per le strade di Melbourne, partendo dalla Trades Hall fino a raggiungere Federation Square. La manifestazione, organizzata dal Migrant Worker Centre e alla quale ha aderito convintamente anche Nomit, oltre a voler celebrare la giornata internazionale dei lavoratori, ha avuto anche l’obiettivo di ribadire l’importanza dell’accesso effettivo a pari diritti e pari tutele per tutti i lavoratori in Australia.

Da troppo tempo infatti i lavoratori emigrati costituiscono l’anello debole della struttura sociale, perché resi sempre più vulnerabili dalle politiche migratorie del governo. Ciò mette a repentaglio non solo la condizione di vita delle famiglie dei lavoratori emigrati, ma ha un impatto sulla salute e la sicurezza di tutti, come la pandemia ha ben contribuito a evidenziare. In occasione della marcia e per porre fine a queste iniquità, la Trades Hall del Victoria ha lanciato anche una petizione online che tutti possono sottoscrivere all’indirizzo www.megaphone.org.au/petitions/permanent-visas-for-migrant-workers e con la quale si chiede alla politica australiana di rompere quella catena che, attraverso la precarietà del sistema dei visti, tiene soggiogati ed espone a situazioni di sfruttamento i lavoratori migranti temporanei. L’appello alla politica è dunque quello di creare un sistema migratorio più giusto, con il quale a tutti i lavoratori sia indicato un chiaro percorso per accedere alla residenza permanente e a tutti i diritti che questa porta con sé.

La manifestazione ha però avuto anche l’obiettivo di esortare una mobilitazione generale del mondo del lavoro e dei sindacati australiani a sostegno delle rivendicazioni dei lavoratori emigrati, perché purtroppo non tutti riescono a comprendere quanto ciò sia fondamentale per chiunque.

Anni e anni di narrazioni fuorvianti hanno infatti creato in tutto il mondo l’idea che i lavoratori emigrati siano un rischio per i lavoratori autoctoni. Un concetto che sposta l’attenzione dal tema della difesa dei diritti per tutti, che sono il vero nocciolo della questione, e crea fratture all’interno del mondo del lavoro utili solo a chi ha interesse a tenere divisi i lavoratori per trarne vantaggio.

Ma anche una convinzione che è basata su un assunto mai dimostrato empiricamente a livello economico, come spiegato in un recente intervento da Emiliano Brancaccio, uno dei più acuti economisti italiani e tra i pochi ad aver previsto, inascoltato, la grande crisi finanziaria del 2008/2009. Brancaccio ha spiegato che la ricerca scientifica riporta evidenze estremamente controverse sui danni derivanti dall’immigrazione sul mondo del lavoro, ma ciononostante i governi (27 Paesi su 36 dell’Ocse) stanno irrigidendo da anni le politiche migratorie. 

Questa sorta di “liberismo xenofobo”, come lo ha definito Brancaccio, “gode di grande successo e delinea le alleanze strategiche del nostro tempo, ma dal punto di vista degli interessi collettivi è irrazionale e fuorviante”. Mentre l’agenda politica risulta oggi dominata dalla volontà di arrestare gli immigrati, prosegue Brancaccio, non ci si rende infatti conto, e su questo le evidenze scientifiche sono moltissime e chiarissime, che non è la libertà di movimento delle persone a fare danni all’occupazione e all’economia, ma la libertà di movimento dei capitali. “Alla continua ricerca di nuove occasioni di guadagno e di sfruttamento del lavoro”, spiega infatti Brancaccio, i movimenti di capitale hanno costretto alla delocalizzazione delle aziende, mandando al macero decine di milioni di posti di lavoro in tutto il mondo e avvantaggiano la speculazione, abbattendo redditi, salari e benessere.                                                               

Articolo scritto da

Luca M. Esposito

Luca M. Esposito

Che ci fa uno storico medievale, con un impiego nelle produzioni cinematografiche e appassionato di politica in Australia, è una domanda che continua a rimbombare nella testa di Luca fin dal suo approdo a Melbourne, nel 2012. La continua ricerca di una risposta porta Luca nei mercati, nelle università, nei giardini, nei consolati, nelle farm di galline sparsi per la città, fino ad approdare, come redattore, nella redazione del bisettimanale italiano d’Australia Il Globo, ad occuparsi principalmente di politica italiana. Nel frattempo dedica tutto il suo tempo libero a Nomit, che con molti altri ragazzi, ha contribuito a fondare e costruire sin dal maggio 2013. Un’esperienza che, è convinto, lo aiuterà a placare la sua sete di risposte.