Una politica miope danneggia l’intera comunità: sia garantito un sostegno a tutti i lavoratori

adam-niescioruk-z9arfr0f248-unsplash

Nei primi mesi di allarme per il timore di una diffusione dell’epidemia, davanti all’ingiusta e pericolosa decisione del governo federale di tenere fuori proprio le persone più vulnerabili dai sussidi, abbiamo più volte tentato inutilmente di avvisare che un’ingiustizia di questo genere avrebbe rischiato di mettere a repentaglio la sicurezza di tutti. Perché una comunità è come un organismo unico, se la sua parte più debole è esposta ad un rischio, tutti siamo in pericolo allo stesso modo.

Oggi, con il Victoria che si ritrova costretto ad un secondo lockdown e mentre tutta l’Australia rimane con il fiato sospeso, la miopia di quella scelta si sta svelando in modo drammatico.

L’80% dei contagi che hanno causato la nuova ondata epidemica del Victoria è infatti stato appurato provenire da contatti sul luogo di lavoro. La maggior parte dei lavoratori colpiti dal virus sono precari (casual workers) e migranti con visti temporanei, tra cui studenti, che a causa della scellerata decisione del governo di non includerli nei sussidi  (anche dopo aver scoperto che dai fondi stanziati avanzavano ben 70 miliardi), sono stati costretti, per sopravvivere, ad andare a lavorare e non rispettare l’isolamento anche se malati.

Addetti alle pulizie, lavoratori nel settore dell’hospitality o nei mattatoi, guardie private, fattorini della gig economy, impiegati nella cura degli anziani o dei bambini, tutti considerati tra l’altro lavoratori essenziali, ma sottopagati e precarizzati, senza coperture per ferie o malattie, sono stati costretti ad andare a lavorare in qualsiasi condizione. Tra questi anche migliaia di studenti internazionali, che lasciati senza assistenza finanziaria e con le rate delle scuole da pagare, hanno affollato le mense caritatevoli per avere un pasto caldo, come raccontato da Luke Henriques-Gomes in un articolo sul The Guardian lo scorso 15 luglio.

In questi giorni, il governo Andrews, alle prese con una pandemia che rischia di andare fuori controllo e con il numero di decessi che aumenta, ha deciso di offrire 1.500 dollari a tutti i lavoratori precari o della gig economy che sono costretti all’isolamento per aver contratto il virus. Ma è troppo tardi, ormai i buoi sono scappati e le conseguenze le stiamo subendo tutti.

Si trattava di un problema di costi troppo elevati, dicevano ad aprile i ministri del governo federale con le loro tabelline di calcoli sbagliati in mano. Cosa diranno ora davanti alle disastrose conseguenze di un secondo lockdown nel Victoria e con il prezzo economico da pagare che sarà molto più caro? E cosa dicono i loro calcoli del costo in vite umane che il virus sta infliggendo alla nostra comunità? Alle sofferenze dell’isolamento che graveranno sui soggetti più vulnerabili in termini di salute mentale, con allarmi diffusi sull’aumento dei suicidi e delle violenze domestiche. Quanto costa tutto questo e chi pagherà?

Pagheranno come sempre gli invisibili, ignorati da una politica arrogante e pagheremo tutti. Sta già pagando tutta la nostra comunità.

Come Nomit abbiamo cercato di fare di tutto per aiutare le persone in difficoltà e permettergli di restare a casa se avevano la necessità, questo anche grazie all’alto spessore morale dimostrato dalla comunità italiana, che ha capito quanto la solidarietà sia una rete a protezione di tutti, tanto di chi la riceve quanto di chi la offre.  Ma non basta. Ci rivolgiamo pertanto ancora una volta alle istituzioni italiane perché agiscano per supportare la nostra iniziativa e rinnoviamo l’appello che, dalle colonne di Eureka lo scorso 9 aprile, abbiamo lanciato al governo australiano: La cosa più corretta da fare, tanto moralmente, quanto politicamente, non è solo impartire prescrizioni dall’alto, ma fare in modo che coloro ai quali è richiesto di stare a casa per proteggere la salute dell’intera comunità lo possano fare sapendo che alla fine della giornata avranno comunque la possibilità di mettere del cibo in tavola per sé e per la propria famiglia. Perché il virus non distingue tra lavoratori temporanei e lavoratori australiani e un governo davvero responsabile non dovrebbe farlo nemmeno lui. Almeno non in un momento come questo, quando garantire un aiuto finanziario a tutti i lavoratori vuol dire garantire la sicurezza dell’intera comunità.

 

(Photo by Adam Nieścioruk on Unsplash)

Articolo scritto da

Luca M. Esposito

Luca M. Esposito

Che ci fa uno storico medievale, con un impiego nelle produzioni cinematografiche e appassionato di politica in Australia, è una domanda che continua a rimbombare nella testa di Luca fin dal suo approdo a Melbourne, nel 2012. La continua ricerca di una risposta porta Luca nei mercati, nelle università, nei giardini, nei consolati, nelle farm di galline sparsi per la città, fino ad approdare, come redattore, nella redazione del bisettimanale italiano d’Australia Il Globo, ad occuparsi principalmente di politica italiana. Nel frattempo dedica tutto il suo tempo libero a Nomit, che con molti altri ragazzi, ha contribuito a fondare e costruire sin dal maggio 2013. Un’esperienza che, è convinto, lo aiuterà a placare la sua sete di risposte.