La prima cosa che mi è venuta in mente quando ho saputo dell’abolizione del visto 457 è la resilienza.
Penso che gli italiani che si sono visti cancellare da un giorno all’altro il loro visto si debbano armare di un elevato tasso di resilienza e cercare di guardare avanti. Ma cos’è la resilienza? Con questo termine si intende quell’insieme di processi cognitivi che aiutano ad affrontare eventi di vita altamente stressanti, portando a un adattamento positivo ed efficace. Quindi, i nostri italiani, nonostante la difficoltà e lo stress emotivo innegabile conseguente a questo evento, dovrebbero cercare di mantenere un buon equilibrio, dimostrando resilienza. Essere resilienti in fondo significa rimanere produttivi anche nelle turbolenze e nelle difficoltà, senza manifestare disfunzioni psicologiche, come ansia e depressione. Come si fa ad essere resilienti? È sicuramente fondamentale fare tesoro delle proprie esperienze e cercare di guardare avanti, con energia e fiducia nei propri mezzi. È importante poi sforzarsi di capire il contesto, valorizzare le proprie risorse contando anche sul sostegno della propria rete sociale.
Se potessi inserire questo evento nella scala degli eventi stressanti, lo inserirei a pari con la fine di una relazione romantica con la donna o l’uomo dei nostri sogni. Penso che lo stress percepito sia più o meno lo stesso. Ho letto in internet molti commenti e lettere di ragazzi indignati da questa riforma e ho potuto notare diversi atteggiamenti. Uno molto comune è quello della sensazione della perdita di tempo: “Ho perso 1-2-3 anni della mia vita”. Se vogliamo vedere questa cosa con gli occhi di una persona resiliente, possiamo tranquillamente dire che non è proprio cosi. Tra l’altro la sensazione della perdita di tempo è molto comune anche dopo la fine di un rapporto amoroso. Perché non è così? Sicuramente in questi anni sono state fatte molte esperienze di vita, si sono sicuramente acquisite nuove abilità e skills lavorative, è indubbiamente aumentata la conoscenza della lingua inglese e si sono costruiti nuovi rapporti che hanno arricchito interiormente la persona. Quindi dal mio punto di vista il pensiero “Ho solo perso tempo” può portare a emozioni negative e disfunzionali, come la rabbia, che accrescono il nostro malessere percepito e lo stress emotivo. La persona poco resiliente spesso tende a concentrarsi solo sull’evento stressante in sé, guardando solo l’aspetto negativo che solitamente è predominante, perché doloroso e indesiderato. Inoltre, la reazione emotiva, cognitiva e fisiologica di fronte all’evento stressante è spesso eccessiva. Un altro atteggiamento comune, che ho riscontrato, che può invece essere classificato come resiliente, è quello della progettazione del piano B. La progettualità futura è fondamentale perché può aiutarci a guardare avanti con un atteggiamento positivo e fiducioso nei propri mezzi. Se vogliamo ritornare all’esempio della relazione romantica, non è spesso il primo amore che troviamo, anche se sembra quello dei nostri sogni, che viene portato all’altare. Ci vuole tempo per trovare la persona giusta, come ci vuole tempo per identificare il progetto definitivo e vincente. Quindi una buona capacità di ‘problem solving’ e uno stile di ‘coping’ orientato alla gestione e soluzione del problema, può sicuramente aiutare a ridurre lo stress percepito.
Un altro consiglio che mi sento di dare è quello di cercare di contestualizzare e non personalizzare. Cosa vuol dire? Cercare di inserire l’evento stressante in un contesto più ampio. In questo caso, la scelta che il primo ministro ha fatto sarà sicuramente in linea con delle scelte politiche e di partito. Il pensiero di sentirsi “presi di mira o sfortunati” è sicuramente dannoso in termini di benessere psicologico. Purtroppo ci sono ostacoli nella vita che si devono affrontare, che sono assolutamente indipendenti da noi e dalle nostre capacità.
Per concludere, mi è capitato di leggere una lettera scritta molto bene da un ragazzo italiano laureato in materie letterarie che a causa della forte disoccupazione italiana è stato costretto ad emigrare in Australia e si è reinventato – dimostrando tra l’altro molta resilienza – pizzaiolo con la promessa di sponsor. Questo ragazzo quindi si è trovato costretto a fare, pur di lavorare, un lavoro che non era in linea con la sua materia di studio. Magari “non tutti i mali vengono per nuocere” e per questo ragazzo, come per tanti altri, ora in futuro si prospetta una professione più consona alle proprie abilità e conoscenze. Chi lo può sapere? La persona resiliente non teme il cambiamento, anzi lo considera come un’occasione importante per crescere e migliorarsi.
Roberta Gottardo
(IL GLOBO, Eureka, giovedì 18 maggio 2017)