Porta del Popolo gli apparve nella sua maestosità. Le colonne dell’antichissima basilica di S. Pietro erano state riutilizzate per sostenere l’entrata dell’antica via Flaminia e Raffaello le attraversò trattenendo il respiro. L’Ospizio della Santissima Trinità, dove era riuscito ad essere assunto come assistente sacrestano grazie al Principe Filippo Albani, era nel cuore del Rione Regola a un passo da Piazza Campo de’Fiori. Al suo interno, la luce filtrava riflessa dalle vetrate nella chiara e tenue tonalità di ocra, che il riverbero degli antichi palazzi e delle arcaiche vestigia rendevano di una particolare calda luminosità. La coinvolgente atmosfera dei vicoli e le frequentazioni dell’Ospedale dei Pellegrini, favorivano l’incontro di personaggi giunti da tutta Europa e Raffaello si sentì sempre più attratto da quegli stranieri, così interessanti per le loro storie, le loro avventure, le loro idee. Volle impararne le lingue e si dette a studiare e a sfruttare tutte le sue conoscenze. Lo spagnolo lo imparò da due preti castigliani che si recavano in chiesa a dire messa per i loro connazionali. Il francese cominciò ad apprenderlo da un Monsignore parigino, che veniva a trovarlo spesso e al quale per ricambiare
preparava appetitose cene. Il passo fu breve e la voglia incalzante. Ma la sua sete non si placava e quando conobbe sir Eyre presso l’English College, ne approfittò subito per gettarsi nell’apprendimento della lingua d’oltremanica.
Tuttavia Roma in quegli anni non era solo preti e pellegrini. Molte idee erano ormai filtrate dal resto d’Europa e un certo fermento si avvertiva nelle taverne e nei teatri sparsi per la città. Fu difatti proprio a teatro, una sera che era riuscito a portare a termine molto presto tutte le sue mansioni, che la vide. Se ne stava seduta in disparte, completamente rapita dalla scena che due attori, neanche troppo abili, recitavano per uno sparuto pubblico di una tiepida serata di ottobre. La notò subito per il suo sguardo da sognatrice, la sua carnagione che sembrava così morbida e con piacere, vide che anche lei si era voltata a guardarlo. Un’occhiata intensa, forse sorpresa da quel tipo così singolare, con i capelli rosso fuoco, tutti scarmigliati. Passeggiarono insieme fino a tardi, stuzzicati dall’avvolgente tepore del ponentino che rendeva dolce l’autunno romano. Due sognatori, in fondo, Raffaello e Angela. Si trovarono e decisero che si sarebbero rivisti presto. Le giornate passavano così piacevolmente, tra i pochi doveri, gli incontri con Angela e le lezioni con i numerosi amici forestieri. L’unica piccola scocciatura, l’invidia di qualche pretuncolo, insoddisfatto e represso, ma non vi poneva molta attenzione. Una sera come le altre, Raffaello era intento sui suoi libri, quando forti colpi alla porta lo fecero soprassaltare.